domenica 20 gennaio 2019

Luoghi da sogno & Ambienti romanzeschi, Un nuovo anno



Luoghi da sogno & Ambienti romanzeschi
Un nuovo anno


Ciao a tutti e bentornati su Codex Ludus, per tutti coloro che ci seguono per questa rubrica, Luoghi da sogno & Ambienti romanzeschi, buon anno! Avete passato delle buone feste? Tutto bene? Vi sentite ancora pieni da Natale? 
Torniamo a noi, iniziamo questo 2019 con un nuovo post in cui parliamo di tre autori e delle loro tre rispettive opere: sto parlando di Giacomo Ferraiuolo con Stanza 218, Lucia Guglielminetti con Acherontis e di Antonello Venditti con Lo Scrigno Cremisi, le Mutazioni.
Cominciamo con l'intervista tripla, per poi passare agli estratti, l'anno sarà pure nuovo, ma il format non è cambiato!


Dove è ambientato il tuo romanzo? Perché lo hai scelto?

G.F. Ciao! Il mio romanzo è ambientato ad Acilia, a Roma. La scelta dell’ambientazione è stata naturale in quanto Stanza 218 è il prequel del mio romanzo Nora e c’erano tanti misteri legati a quel luogo. Finalmente con questa storia tutta la verità verrà alla luce.

L.G. Sono racconti, quindi è ambientato in tanti luoghi diversi. Anche in mondi diversi dal nostro, come il racconto “Lo Zoo”, che si svolge su un misterioso pianeta popolato da alieni curiosi…

A.V. Il mio romanzo è ambientato in un mondo immaginario molto simile alla terra e la storia si svolge in un periodo storico molto simile al nostro alto medioevo e se vogliamo anche parte del rinascimento. L’ho scelto perché amo quel “nostro” periodo storico e i secoli bui della nostra storia. L’ho scelto perché volevo non fosse troppo scontato. Ispirarsi in alcuni elementi è un conto, ambientarlo è un altro.

Da cosa è ispirata l’ambientazione?

G.F. Sembrerà strano ma l’ispirazione è nata dal ‘passato’. Dalle storie di streghe e di paura che mi venivano raccontate quando ero piccolo. Dagli stufati profumati che preparava mia nonna. Dalla sua grande casa piena di ombre e dalla voglia di crearsi di nuovo, a volte dimenticando chi eravamo anni fa.

L.G. Non sono gli ambienti la cosa importante in questi racconti, ma i personaggi che vi si muovono.

A.V. L’ambientazione è ispirata al deserto arabo e a luoghi boscosi. Sono abruzzese e la mia terra ne è piena, mi ispira molto ambientare scene in luoghi naturali che conosco e vedo spesso.

Hai mai pensato di scriverlo in un altro tempo o luogo arrivando a cambiare genere al tuo romanzo? (es. ambientazione fantastica, fantascientifica, immaginaria, in un mondo distopico, in quello attuale, ecc)

G.F. Sì, sempre nel nostro secolo, in quanto questa storia doveva raccontare l’infanzia di uno dei protagonisti di Nora. In realtà in una delle prime stesure c’era una parte del romanzo ambientata nel 1800, era per un personaggio che ora è completamente scomparso dalla storia :p
Riguardo altri tipi di ambientazioni, pur volendo non avrei potuto. Dovevo in qualche modo ricreare le stesse atmosfere di Nora e dargli una vita e realtà completamente diversa rimanendo però fedele alla storia originale.

L.G. I racconti nascono da scintille momentanee, quindi ognuno ha la giusta ambientazione e il giusto tempo.

A.V. Non ci ho mai pensato, perché è talmente particolare l’ambientazione che se fosse inserita in un altro tempo o altro periodo cambierebbero troppe cose.

Riesci ad immaginare la tua storia nel passato?

G.F. Sì, è molto gotica e un’ambientazione Vittoriana o Medievale sarebbe stata meravigliosa!

L.G. Ho spaziato tra presente, passato e futuro. Troverete un po’ di tutto, dall’ambientazione in epoca vittoriana, a un ipotetico medioevo fantasy nel racconto del drago Kuran, al presente.

A.V. Beh, non mi verrebbe difficile, i tempi di ambientazione sono simili.

Riesci ad immaginare la tua storia nel futuro?

G.F. No, come futuro intendo auto volanti e astronavi :p No, non riuscirei a immaginarla. Case troppo hi-tech stonerebbero con le ombre che vivono nelle pagine di Stanza 218.

L.G. Come sopra.

A.V. No perché cambierebbero molte sfumature e poi sono una persona salda sulle proprie idee, soprattutto le originali, le prime.

Tre posti in cui vorresti ambientare i tuoi prossimi libri?

G.F. In realtà ho già due romanzi pronti e uno in stesura. Non posso spoilerare i luoghi perché sono punti cardine per la storia, accenno solo una cosa: sono ambientati in Italia.

L.G. Non lo so, non ci ho ancora pensato. Ci sono città che mi affascinano e che ho già “visitato” in altri libri, come Parigi, Londra e New York, ma anche un minuscolo paese come Bussana, in Liguria. Vedremo quello che richiederanno le storie che scriverò.

A.V. Sono già ambientati, mi sono avvantaggiato con i volumi. Ma una terra fredda e arida sarebbe l’ideale per il finale.


Ecco la prima copertina, che precede gli estratti, di Giacomo Ferraiuolo!



1.


Si lasciò cadere sul divano, le tende tirate tenevano fuori la morsa estiva. Anna sentiva il vociare sommesso proveniente dalla strada battere con forza contro i vetri della casa di sua sorella Adele, come a voler irrompere in quella privacy oscura.
Sfilò dalla borsa una sigaretta e se la portò alla bocca, la mente continuava a ricordarle la telefonata del preside della scuola di Antonio. Il bagno allagato l’ultimo giorno prima delle vacanze estive.
«Piccolo bastardo» sibilò.
La fiamma dell’accendino rischiarò per pochi istanti la stanza.
Le mura bianche erano macchiate dagli aloni dei quadri di famiglia. I chiodi arrugginiti continuavano a sporgere da un lato della sala come un’appendice molesta. La forma del crocifisso preferito della mamma aveva lasciato una macchia indelebile. Nera.
Prese un respiro profondo e riuscì a sentire gli stessi odori di trent’anni prima.


2.


La sua stessa voce le sembrava così estranea. Si portò le mani
davanti agli occhi, le unghie erano curate, la pelle levigata.
Un solletico sotto la pianta del piede e lo alzò di scatto, qualcosa iniziò a formarsi sotto l’acqua, e una puzza acre si sprigionò dai quattro angoli della stanza.
Piccole bolle si formarono increspando l’acqua e sotto la superficie si formò qualcosa.
Due membra pallide emersero e Anna si portò una mano davanti alla bocca per reprimere un grido.
Una matassa di filamenti le accarezzò la caviglia e una palla bianca come il latte cominciò a formarsi.
L’acqua ribollì e con un guizzo una testa putrefatta emerse dal liquido, le fauci spalancate e gli occhi fissi su di lei. Uno sciame di insetti volò via dalla bocca e piombò su Anna che iniziò a sventolare l’aria. Con terrore vide gli occhi morti del cadavere roteare con uno scatto.
Fissarla.
Metterla a fuoco.
Il clavicembalo smise di suonare.
Qualcosa si alzò.
La carcassa le afferrò le caviglie e la trascinò giù.
Anna strillò mentre sentiva l’acqua melmosa raggiungerle il Ventre e salire fino al collo. Il cadavere la strinse per le spalle, le dita scheletriche ricoperte di carne grigia le affondarono nella pelle.
Raggiunsero il collo e Anna si trovò di fronte un teschio i cui lunghi capelli le avvolsero spalle e collo.
Il cadavere spalancò la bocca e i legamenti delle mandibole schioccarono.
Un suono così forte che per un istante la stordì.
Maaaaaaaammmmmmaaaaaaaaaaaaa
Quella voce le stritolò il cervello.


3.


Aveva raggiunto il magazzino fuori città, la morsa estiva lo abbracciò e quasi rimpianse l’aria condizionata della macchina. Superò un campo di erbacce e arrivò alla serranda elettrica. La costruzione era abbastanza grande per contenere un monolocale, senza finestre, solo mura e il tetto di metallo rovente.
Antonio si guardò attorno, i suoi occhi si persero nelle vaste campagne verdi e un belare lontano fu portato da una brezza quasi impercettibile.
Tornò a guardare il magazzino e azionò un tasto sul telecomando, gli ingranaggi emisero un suono sordo e la serranda cominciò ad alzarsi riempiendo il silenzio con il suo sferragliare.
L’aria putrida lo investì quando la fauce nera si aprì.
Antonio si avvicinò e sentì l’aria diventare sempre più calda. Avanzò nel buio. Escrementi sparsi per il pavimento e buste dell’immondizia, un materasso poggiato sul lato opposto dell’ingresso. Anche da quella distanza poteva vedere le grandi macchie di orina e di feci che avevano imbrattato il tessuto e i graffi profondi che sembravano fiumi neri. Delle lenzuola sporche erano ammassate a terra, vicino a un monitor spento pog- giato su una vecchia scrivania logorata dal tempo. La catena terminava con un collare di metallo, zigzagava sul pavimento come un grosso anaconda. Macchie di ruggine la ricoprivano per l’intera lunghezza.


Ora passiamo invece ai racconti di Lucia Guglielminetti.

Che ne pensate della copertina?
*

Si svegliò di soprassalto, con il battito del cuore che gli rombava
nelle orecchie, amplificato dalla presenza dei tappi, e
allungò per istinto una mano verso il comodino, per accendere
la luce.
Quando si accorse che non funzionava, il panico minacciò
di travolgerlo.
Erano loro, quei maledetti bambini, che avevano fatto qualcosa
ai suoi fili? Li avevano tagliati per fargli dispetto?
(Scherzetti)

*

Trasse un profondo respiro e sollevò il libro, ma quasi lo lasciò
cadere di nuovo, impreparata com’era al calore che emanava.
Le sembrò… vivo. Con un misto di ribrezzo e fascinazione
se lo sistemò meglio sull’avambraccio, carezzandone la costa
e ammirando il disegno metallico sulla copertina. L’effetto di
un viso malevolo che pareva scrutarla si era attenuato con la
vicinanza, che rendeva l’immagine più confusa, nondimeno la
sensazione di essere osservata s’intensificò.
(La biblioteca di Lady Hiddlestone)

*

Terzo giorno, credo, e sento che sarà l’ultimo.
Poco fa il vecchio è sceso con la sua consueta aria ghignante e
soddisfatta e ci ha annunciato che la bestia bionda era
appena arrivata.
Poi ha fatto un paio di volte su e giù per il corridoio e si è fermato
proprio davanti alla mia cella, guardandomi con un’intensità
che mi ha messo i brividi.
Lo so che sarò il prossimo. Ma il prossimo per cosa? E chi è
la «bestia bionda»?
(Storia di Mark)

*

Estratti e ambientazione
Una grande tavola imbandita ci attendeva in un salone piuttosto
spoglio, se si escludevano le armature allineate lungo le
pareti e i pesanti drappeggi color porpora alle finestre. Non un
filo di luce filtrava da fuori, ma non aveva importanza, perché
le luci erano calde, la birra abbondante, il cibo delizioso e il
fuoco scoppiettava nel camino. Il vecchio ci ronzava attorno
come un’ape operaia, rideva alle nostre battute con un’irritante
risatina stridula e badava che i nostri boccali non fossero mai
vuoti.
(storia di Mark)

*

«Posso entrare? C’è qualcuno?» ripeté, schiudendo la porta
e avanzando di un paio di passi. Era buio pesto. Nemmeno un
filo di luce filtrava dalle persiane, com’era possibile?
Cercò a tentoni l’interruttore. Qualcosa in quell’oscurità
così densa la metteva in agitazione, inutile negarlo. Provò sollievo
quando il lampadario si accese, scacciando il buio da ogni
angolo.
(The thing that should not be)

*

Si lasciò condurre verso un’enorme vasca da bagno
interrata – quasi una piccola piscina –, una presenza incongruente
in quella stanza, che per il resto somigliava a una cantina,
spoglia, sporca e gelida, con una malinconica lampadina
a pendere dal soffitto scrostato.
Quando ve lo calarono dentro, non protestò. Non fece proprio
nulla, tranne guardarli mentre s’immergevano con lui,
circondandolo.
Le voci erano tutt’intorno. Dentro di lui. Nella sua testa.
Lo rendevano docile, ma non potevano cancellare la sua paura.
Solo che sembrava quella di qualcun altro.
(Sweet Amber)


Infine è il momento di Antonello Venditti, con tre piccole porzioni del suo romanzo.




1

La notte, che stava per giungere, sarebbe stata meno fredda del solito, poiché il gruppo di ricerca aveva deciso di accamparsi tra le strette pareti di una gola e il vento si era finalmente calmato. A Kabian piaceva molto quel posto: gli echi, i rumori insoliti, la visione di quella striscia limpida di cielo blu che illuminava la gola, di quegli sparuti fiocchi di neve che si scioglievano prima di scendere al suolo.
Arrivò la notte. Le tende erano piantate e sparpagliate intorno ai fuochi e addossate ai costoni di roccia. Tre grandi falò lanciavano le loro fiamme verso l’alto mentre tutti bivaccavano e brindavano al riposo. Barhal entrò nella sua tenda dove Kabian giaceva già addormentato tra le pellicce.


2

Dentro era migliore di quanto la gente avesse raccontato. La base della Città Torre era di grandezza pari a quella di un monte; una città dentro la città di Rodash, dove le mura, le fondamenta e l’intera struttura si ergevano grazie a giganteschi macigni calcarei, legno, tufo, malta e ferro. Qualcuno asseriva che, per erigerla, fosse stato distrutto un monte. Barhal e Kabian erano dentro. Avevano attraversato una serie di corridoi seguendo la regina; poi un tunnel più ampio con pareti lucidissime e, quando avevano deviato per accedere a un altro luogo, erano stati travolti dalla luce. «Figlio mio, questo tuo quattordicesimo compleanno ha portato fortuna anche a me» asserì Barhal. «Ѐ incredibile quanto spazio ci sia qui dentro e con quanta maestria siano riusciti a illuminare tanto da far sembrare giorno.» «E non oso immaginare quanto tempo ci sia voluto per costruire queste colonne.»


3


Subito dopo udì nell’aria un suono lieve che aumentò a ogni secondo. Sembrava il ronzio di uno sciame d’insetti che si avvicinava. Fece qualche passo indietro e tappò le orecchie perché il suono divenne un fischio fastidioso, simile a quello già udito quando lo aveva toccato re Almon. Ma cessò appena il centro della piattaforma lignea cominciò a mostrare una serie di cilindri fumosi, che s’innalzavano l’uno dentro l’altro, diafani e verdastri, luminosi come il fuoco dispettoso di Skilimisia. Subito divennero più solidi e l’ultimo fu quello che occluse tutti per consolidarsi nell’aspetto di una costruzione. Kabian vide un fumo verde aspirato dal comignolo di una casetta dalla pianta circolare, apparsa con un nuovo aspetto. Vide fiori, travi di legno appena tagliato con profumo di resina, una panca nuova, le persiane coloratissime e un giovane tetto. Era tutto grazioso ma molto dissonante con il mondo intorno, compresa la proprietaria che aprì la porta e uscì com’era sempre stata, con gli stessi stracci. Sorrise e fece cenno a Kabian di entrare in casa. Lui vide quella luce verdognola che colorava l’interno e sentì l’odio affievolirsi, ma desiderava ancora delle risposte, voleva conoscere la sua identità.



Rieccoci qua, avete avuto una buona lettura? Spero di si, così come spero che questo nuovo anno sia ricco di letture a tema Dark Zone!
Ora vi devo proprio salutare.
Ciao e alla prossima!

*Enrico*

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