lunedì 25 maggio 2020

Luoghi da sogno & Ambienti romanzeschi, doppia intervista di Maggio

Luoghi da sogno & Ambienti romanzeschi
Doppia intervista di Maggio






Ciao a tutti e bentornati su Codex Ludus, rieccoci qui con un'altra intervista di Luoghi da sogno & Ambienti romanzeschi. L'estate si avvicina inesorabilmente, ma niente ferie, il lockdown ci ha fermati abbastanza! Quindi, grazie alla nostra collaborazione con Dark Zone, oggi potremo intervistare Filippo Mammoli Rob Himmel ...
Che l'intervista abbia inizio! 

P.S. non dimenticate di leggere gli estratti dei romanzi!

Dove è ambientato il tuo romanzo? Perché lo hai scelto?

F.M.: Essendo una raccolta di racconti, le ambientazioni sono molteplici. Firenze, la mia città, è presente in tre racconti, come vetrina agghindata eppure crudele; poi c’è Londra, frenetica e brulicante di occasioni e di incontri; c’è il Sahara algerino, dove un esploratore sfida se stesso più che il deserto; si trovano la Calabria e la Sicilia con le loro storie di difficoltà quotidiana e il Nord est italiano dove lavorare e costruirsi una vita apparentemente perfetta non mette al riparo dall’orrore più nero; c’è l’India, con le sue baraccopoli e la vita che si prende tutto senza chiedere permesso. Ho scelto ambientazioni ordinarie accanto ad altre estreme e distanti da noi, per mostrare che le difficoltà e le angosce degli uomini sono le stesse a indipendentemente da latitudine, etnia e cultura.

R.H.: Il romanzo è ambientato su Hedion, uno dei sette mondi che compongono l’Aetermundi, il mio universo narrativo. Ho scelto di creare ciascun mondo dal nulla, con caratteristiche uniche che potessero darmi profondità e un background dove narrare storie epiche.

Da cosa è ispirata l’ambientazione? 

F.M.: Sono ispirate spesso da viaggi che ho fatto, come l’India, Londra, la Sicilia o la Calabria. In altri casi ho preso spunto da situazioni lette o raccontate da amici. Riguardo a Firenze, che è la mia città, devo dire che mi fornisce in continuazione materiale per ogni genere di storie.

R.H.: In principio, quando scrissi il primo volume nel 2010, mi ispirai al mondo di Dungeons&Dragons, ma poi ho cercato di discostarmene perché sentivo la forte necessità di creare qualcosa di unico, di mio e personale. Non so se ci sia riuscito, ma sono certo di riuscirci con gli altri mondi che ho creato e in cui avvengono altre storie.

Hai mai pensato di scriverlo in un altro tempo o luogo arrivando a cambiare genere al tuo romanzo? 

F.M.: Direi di no, per un motivo ben preciso. Il mio intento, nello scrivere questi racconti, era quello di fotografare e riprendere, restando il più possibile dietro la telecamera, situazioni che mettano a nudo la forza dei sentimenti e le contraddizioni dell’uomo contemporaneo.

R.H.: No, io sono un amante del fantasy ad arma bianca, in periodi simil medievali o pre impero romano. Non amo molto le ambientazioni odierne o futuristiche.

Riesci ad immaginare la tua storia nel passato?

F.M.: Non molto perché dovrei calarmi in un contesto che non conosco a fondo.

R.H.: Potrebbe esistere una versione ancora più “antica”, forse, ma faticherei a immaginarla con modifiche sostanziali che possano far percepire questo stacco temporale.

Riesci ad immaginare la tua storia nel futuro?

F.M.: Forse potrei provare a immaginare storie di vita in un futuro anche lontano, giocando l’azzardo di immaginare la direzione che avrà preso il mondo e soprattutto l’umanità.

R.H.: Mmm… no, non credo di riuscirci per adesso.

Tre posti in cui vorresti ambientare i tuoi prossimi libri?

F.M.: Roma, per la sua bellezza e la sua storia che offre spunti di ogni tipo.
Venezia, per un distopico che accentui il contrasto con l’aspetto di una gloriosa città del passato.
L’Australia, per un thriller basato sulla scoperta di resti di una civiltà atlantidea.

R.H.: Nell’Abruzzo fantasy dell’epoca preromana (ci sto già lavorando, in realtà). Poi in mondi nuovi che ho già creato, sempre all’interno dell’Aetermundi, ma anche qui già ci sto lavorando.

Filippo Mammoli ci propone degli estratti da "Sospesi sul nulla", del quale potete vedere la copertina qui sotto

I

Come un fantasma vagava senza una meta precisa per le strade e le piazze del centro storico di Firenze. Nella frenesia festosa e delirante degli ultimi regali, si nascondeva in mezzo alla folla che sciamava tra i negozi agghindati e le vie sfavillanti di luci della vigilia di Natale. 
La vista della facciata del duomo di Santa Maria del Fiore la riportò all’istante a quello che considerava il momento più felice della sua vita. Si trovava a Barcellona, durante la gita di quinta liceo, e stava contemplando una delle facciate della Sagrada Familia, il capolavoro modernista del visionario architetto catalano Antoni Gaudì. La professoressa di Storia dell’Arte spiegava le travagliate vicende di quella basilica, dal suo progetto iniziale al giorno d’oggi, che non la vedevano ancora compiuta. 

II

Si era dovuto ricredere sulla vera natura del deserto che aveva sempre associato nel suo immaginario a morte, desolazione, orizzonte piatto e assenza di qualsiasi forma di vita. Aveva scoperto un terreno che, se su grande scala tiene fede al suo nome, nel piccolo è costellato di piante e animali spesso minuscoli e quasi invisibili, che si sono adattati a vivere in un ambiente estremo e inospitale.
Aveva raggiunto quell’oasi dopo aver visitato, poco prima del tramonto, uno dei quindicimila siti che ospitano pitture rupestri nel massiccio del Tassili n’Ajjer, risalenti a diecimila anni prima. Le raffigurazioni dettagliate di scene di caccia e di sesso, custodite dal deserto roccioso come in un archivio naturale a cielo aperto, avevano rafforzato ancora di più il suo sacro rispetto per la natura e il senso di comunione e continuità temporale con popoli di altre ere ed etnie. La Natura, quella con la N maiuscola, intesa come insieme interconnesso di esseri viventi guidato dalla sapienza cieca dell’evoluzione, era il suo unico vero Dio. 

III

La stagione dei monsoni era appena terminata e le abbondanti piogge che ogni volta la accompagnavano avevano riempito di pozze e fango ogni vicolo di Dharavi, rendendo impossibile camminare senza bagnarsi fino alle ginocchia.
Sollevando la gonna con entrambe le mani riuscì a salvare dall’acqua e dal fango il vestito nuovo che i genitori le avevano regalato per il suo quattordicesimo compleanno. Da quel giorno lo portava sempre indosso, giorno e notte.
Gli odori fortissimi e penetranti di Dharavi la assalivano come sempre, si facevano strada dentro di lei senza chiedere permesso. A quello costante e nauseabondo dei rivoli di fogna a cielo aperto e dei cumuli di spazzatura ammassati un po’ ovunque, si sommavano gli aromi dei cibi e delle spezie di chi già iniziava a preparare la cena a quell’ora crepuscolare. Uniti insieme tutti quegli effluvi formavano un miscuglio ammorbante, insopportabile per chi non fosse nato e cresciuto lì dentro. Per Rajani, come per tutti gli altri abitanti della baraccopoli più grande di Mumbai, quello era semplicemente l’odore di casa. 

Ora invece è il momento di Rob Himmel con "Il tempo dei Mezzosangue"... devo ammettere che la ragazza in copertina mi ricorda Triss Merigold, ma del resto l'effetto The Witcher ha influenzato un po' tutti quanti.


I
Attraversò Trinym con i suoi edifici di legno e i tetti spioventi, mentre il cielo mattutino era celato da nuvole che preannunciavano la neve assieme all’aria tagliente. Nonostante fosse autunno inoltrato nel resto del continente, in quel luogo pareva già inverno e presto lo sarebbe diventato davvero.
L’Istruttorio era un edificio a tre piani che si sviluppava anche in orizzontale, come fosse stato composto da tre casali con altrettanti tetti a punta. Lo aveva visto altre volte ma non aveva mai avuto l’occasione di entrarci, nonostante fosse la prima tappa per qualsiasi nuovo arrivato.

II
Non aveva nessuna voglia di scoprire cosa sarebbe diventato se avesse permesso a quell’istinto di emergere completamente.
Storse la bocca mentre guardava la torre elevarsi verso il cielo, come se lo toccasse. Era quasi arrivato, mancava davvero poco. Cominciava a notare anche qualche tenda dell’impero tra i grigi arbusti spogli e le rovine della vecchia capitale elfica.
Si girò per osservare lo stregone e notò che ricambiò lo sguardo, piuttosto incuriosito.

III
Guardò le alte mura di Trinym: blocchi di pietra incastrati tra loro componevano la solida difesa coronata da merlature squadrate e torri di vedetta esagonali. La porta era di legno massiccio rinforzato da placche di ferro borchiato con un solido ponte a collegare l’ingresso alla terraferma, passando sopra il fossato creato dal fiume Frebro. Arcieri di provenienza multietnica vigilavano dall’alto, con lo sguardo rivolto a sud, l’unico punto in cui erano attaccabili.


Cosa pensate degli estratti che avete letto? Avete fatto una buona lettura?
Fatecelo sapere con un commento qui sotto e sui nostri account social.
Ora però vi devo proprio salutare.
Ciao e alla prossima!

*Enrico*

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