Dove è ambientato il tuo romanzo? Perché lo hai scelto?
La canzone del drago è un fantasy di ambientazione medievaleggiante, in cui ha un ruolo predominante la Natura. Nel mondo in cui si svolge la storia ci sono castelli e città, ma soprattutto montagne, boschi, isole magiche. Sicuramente la scelta è stata influenzata dalle letture che ho amato, da Le nebbie di Avalon a I Mercanti di Borgomago, passando attraverso La ruota del tempo e la saga dei Belgariad.
Da cosa è ispirata l’ambientazione?
L’elemento naturale è uno dei topoi potenti del genere fantasy, un inconscio desiderio di recuperare spazi e tempi perduti, forse. La forza, l’imprevedibilità della Natura, incarnata nella figura del drago, è qualcosa di cui abbiamo perso coscienza ma che, come abbiamo imparato di recente, può piombarci addosso quando meno ce lo aspettiamo.
Hai mai pensato di scriverlo in un altro tempo o luogo arrivando a cambiare genere al tuo romanzo? (es. ambientazione fantastica, fantascientifica, immaginaria, in un mondo distopico, in quello attuale, ecc).
Come tutte le storie fantastiche, anche questa potrebbe svolgersi in qualsiasi tempo, spazio o dimensione. Cambierebbero alcune cose, ovviamente, ma il cuore della storia sarebbe sempre lo stesso: il confine tra il bene e il male è una linea sottile, siamo noi a fare la differenza. E la possibilità di scegliere ci rende liberi.
Riesci ad immaginare la tua storia nel passato?
La storia si svolge in una dimensione che ricorda molto il medioevo, i personaggi si muovono in un mondo permeato di magia ma estremamente vicino alla realtà. Ho cercato di rendere verosimile il tutto studiando l’ambientazione come se dovessi scrivere un romanzo storico.
Riesci ad immaginare la tua storia nel futuro?
Perché no? In fondo la Bradley ha scritto una lunga serie di romanzi (Il ciclo di Darkover) che si svolge nel futuro, pur se in luoghi che sembrano appartenere al nostro passato.
Tre posti in cui vorresti ambientare i tuoi prossimi libri?
Mi piace (e mi manca molto in questo periodo) viaggiare, per cui userò la fantasia. Mi piacerebbe scrivere dell’isola d’Ischia, di una Roma futura e alternativa, della Mesopotamia al tempo dei Sumeri.
Prima di passare agli estratti del romanzo, qui sopra possiamo ammirare la copertina del libro, con una sorta di scultura neoclassica a tema draconico, su sfondo rosso. Che ne dite?
1)
La frontiera settentrionale del mondo finiva a Terra Maris. Dalla punta estrema si affacciava la città di Baia Azzurra, a fronteggiare una sconfinata distesa d’acqua ribollente, che talvolta inghiottiva i navigatori più incauti. A poche miglia dalla costa, protetto dalla furia delle onde e circondato da scogli, c’era un arcipelago che nessun marinaio osava avvicinare, per timore di infrangersi sulle punte affilate come lame. Pietre scheggiate in frammenti disseminati nel blu inquieto, i brulli isolotti facevano da corona a un’isola più grande, sulle cui rive pochissimi avevano avuto l’opportunità di approdare. Essa spiccava come una perla tra le rocce selvagge aggredite dal mare, ricoperta di boschi rigogliosi e fiori di ogni tipo. Gli abitanti delle coste la chiamavano Bella Isola.
Secondo le voci che correvano da Terra Maris all’Entroterra e si spingevano a est, oltre le vette di Terra Montium, era la dimora del mago più potente che il mondo conoscesse. Si diceva che, nella pace incantata e irraggiungibile dell’isola, egli custodisse il fodero che un tempo aveva rivestito la Spada del Drago.
La magia dello Stregone aveva reso mite il clima e fertile la terra. In cambio di ciò, i ruvidi abitanti dell’arcipelago lo servivano con lealtà e proteggevano il suo rifugio.
2)
Un bianco accecante invadeva la gola. Annya fu costretta a ripararsi gli occhi con una mano. Non avrebbe mai pensato che potesse esistere un paesaggio simile. Non dopo la pioggia che aveva visto cadere nei giorni precedenti. Lasciato il Gufo delle Nevi nel lucore incerto del primo mattino, aveva seguito il sentiero fino al canalone da cui partiva la via per il monastero e ora si trovava lì.
Il Passo Innevato.
Un tappeto bianco, ininterrotto, così innocente eppure letale.
Anche i rumori sembravano diversi, ovattati, come se giungessero attraverso uno strato di tessuto. Tutto intorno, nient’altro che altissime cime ricoperte di neve e un silenzio irreale.
A valle riusciva ancora a scorgere il villaggio, poche case addossate avvolte nell’ombra. Il buio era sceso all’improvviso, abbracciando la vallata in una stretta gelida e scura. Solo le cime immacolate dei monti riflettevano ancora la luce del sole calante.
Lassù, sul picco più alto, all’apparenza irraggiungibile, il monastero sembrava catturare gli ultimi raggi. Durante il giorno l’aveva visto risplendere come un gioiello prezioso, circondato dai nevai eterni. Ora svettava davanti a lei in una nebbia che, al tramonto, lentamente scendeva sulla piana facendo scomparire ogni cosa alla vista. Era il cuore antico della terra del nord.
3)
Notte, giorno, ancora notte e poi ancora giorno. A un certo punto, Taron aveva perduto il conto. Cercava invano di liberarsi dai ceppi, impotente e del tutto ignaro dei motivi per cui era tenuto prigioniero.
Le mappe indicavano come la via più breve per raggiungere il Passo Innevato quella che passava dai monti, ma il terremoto l’aveva ricoperta di detriti in una notte. Per non mettere a repentaglio la spedizione, Brand aveva scelto di seguire il fiume che incideva la valle. L’acqua li aveva accompagnati cantando, mentre sopra di loro si alternavano le ombre delle pareti rocciose e la boscaglia fluviale, in un intricato groviglio di rami, che tendevano a chiudersi formando una sorta di galleria frondosa. Dopo alcuni giorni di viaggio, erano giunti al valico che conduceva al Passo Innevato, ignari che il terremoto avesse distrutto anche quell’accesso.
I castelli che proteggevano il varco erano stati costruiti per apparire come due creature gigantesche, uno alla destra del fiume, l’altro alla sinistra, uniti da un ponte sospeso nel vuoto. Il passaggio era sbarrato dai draghi, come fosse un presagio.
Sbalorditi davanti all’imponenza delle torri, nessuno di loro aveva udito l’avvertimento proveniente dalle mura. Erano bastati pochi attimi. Un malinteso. Temendo di essere attaccati, dal castello avevano scagliato le frecce.
Aveva avuto appena il tempo di vedere Brand che sguainava la spada, cadeva nell’acqua colpito da un dardo e veniva trascinato via dalla corrente del fiume. Nello stesso istante, una rete nascosta sotto un fitto tappeto di foglie sollevava Lot e Dimon come fossero animali in trappola.
Non aveva idea di cosa fosse stato di loro. Qualcuno lo aveva sorpreso alle spalle, poi non ricordava più nulla. Al risveglio, si era trovato incatenato in quel sotterraneo senza luce. Aveva urlato, fino a consumarsi il fiato, ma quel posto sembrava deserto. Alla fine, aveva ceduto allo sconforto. Si era accasciato al suolo, sfinito, ed era precipitato in un sonno privo di sogni.
Allora che ne pensate? Potrebbe essere il giusto acquisto da mettere sotto l'albero? Magari non per voi, ma per qualcuno che conoscete?
Fatecelo sapere con un commento qui sotto e sui nostri social!
Intanto io vi saluto, ciao e alla prossima!
*Enrico*
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