giovedì 25 maggio 2017

Luoghi da sogno & Ambienti romanzeschi, Ostilium

Luoghi da sogno & Ambienti romanzeschi
Ostilium



Ciao a tutti e bentornati su Codex Ludus! Torna la rubrica in collaborazione con Dark Zone... Luoghi da sogno & Ambienti romanzeschi, oggi intervistiamo Stefano Mancini, che ci parlerà di Ostilium, e in più ci concede degli estratti in anteprima. Non ci resta che augurarvi buona lettura!

1. Dove è ambientato il tuo romanzo? Perché lo hai scelto?
“Ostilium” è ambientato in un mondo di fantasia, creato da me, che ha forti legami col nostro medioevo (come nella migliore tradizione fantasy). L’ho scelto perché credo sia il luogo giusto per ambientare questo tipo di storia.

2. Da cosa è ispirata l’ambientazione?
Come mi succede a volte, in questo caso, prima ancora della storia, avevo bene in mente l’ambientazione, un luogo di mia invenzione, con forti elementi di realismo. L’idea di queste terre devastate da un’invasione demoniaca, mi ha dato lo spunto per creare l’ambientazione.

3. Hai mai pensato di scriverlo in un altro tempo o luogo arrivando a cambiare genere al tuo romanzo? (es. ambientazione fantastica, fantascientifica, immaginaria, in un mondo distopico, in quello attuale, ecc)
Veramente no. Credo che il luogo e il tempo in cui è ambientato “Ostilium” siano quelli ideali per la storia che avevo in mente, motivo per cui non ho mai avuto il desiderio di cambiarlo.

4. Riesci ad immaginare la tua storia nel passato?
Essendo una storia fantasy, non so quanto possa essere indicato pensare a un passato. In ogni caso no, non mi è mai venuto in mente e quindi non mi sono posto il dubbio. Ma chissà, mai dire mai…

5. Riesci ad immaginare la tua storia nel futuro?
Nel futuro sì. Riesco a immaginare uno sviluppo diverso e quindi una proiezione molto avanti nel tempo. Sì, credo che “Ostilium” starebbe molto bene anche nel futuro!

6. Tre posti in cui vorresti ambientare i tuoi prossimi libri?
Domanda difficile, ma ci provo: l’Italia (e Roma in particolare), gli Stati Uniti, un nuovo mondo di mia invenzione…

Prima degli estratti potete ammirare qui sotto la copertina del suo romanzo, che dite? Vi piace?


I

Un tuono rumoreggiò in lontananza, strappandolo ai suoi ricordi. Una striscia compatta di nuvole galoppava in direzione della città; con cinica ironia pensò che non sarebbe vissuto abbastanza da vedere quel temporale. Un paio di figure in lontananza se ne stavano poggiate ai loro attrezzi e guardavano nella sua direzione con superficialità. Dagli abiti e dall’atteggiamento gli sembravano contadini. Erano vestiti di stracci e il fango gli arrivava fino alle ginocchia. I loro occhi parlavano però di compassione; parevano avere pietà di lui che a dispetto delle sue vesti da nobile si avviava verso la morte.
Un uomo emerse da una locanda poco distante; si poggiò al montante della porta, un bicchiere fra le mani e uno straccio che continuava frenetico la sua lucidatura. Quando i loro occhi si incrociarono, l’uomo fece un passo in avanti. Galor gli sorrise cupo e gli fece cenno di no. Non c’erano più speranze per lui. Il tipo svanì quasi subito.

II

Il cavallo era stremato. Un altro passo ancora e c’era da credere che sarebbe crollato per non rialzarsi mai più. Il cavaliere tuttavia non cedette alla compassione. Gli piantò i talloni nel ventre e lo colpì ai quarti posteriori. L’animale sbuffò e nitrì, il fango che gli appesantiva gli zoccoli fino ai garretti. Poi, però, si rimise in movimento. La figura gli concesse una carezza crudele. Il buio li inghiottì.
La porta emerse dall’oscurità quasi un’ora più tardi. Scese da cavallo sentendo gli stivali affondare nel fango. Afferrò le redini e si trascinò dietro l’animale. Non degnò neppure di un’occhiata la palizzata che si dipartiva da entrambi i lati, a protezione di una cittadina fatta di poche decine di case e qualche misero emporio.
Bussò così forte che il legno cigolò.
Poi attese.

III

Oltre i resti di un muro la foresta spiccava lussureggiante. A Melkart sembrò che si battesse per fagocitare quel che restava del suo palazzo. Il verde era ovunque, a dimostrazione di come la natura si fosse ripresa quegli spazi che un tempo le erano stati tolti con la falce e con la vanga. Alberi enormi svettavano subito oltre le pietre cadenti. E le loro radici si infiltravano al di sotto delle rovine distruggendole. Le edere rampicanti invece sembravano essersi coalizzate con muschi e licheni per ricoprire ogni costruzione artificiale, modificandone il profilo e la struttura. Magari ci sarebbero voluti secoli, forse perfino millenni. Ma Melkart non dubitava che prima o poi di quelle rovine non sarebbe rimasta traccia.

E anche per oggi abbiamo finito, vi piace come scrive Stefano? Se si supportatelo acquistando il suo libro, gli autori emergenti italiani meritano il nostro aiuto!

Ciao e alla prossima!


*ENRICO & DANA*

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