lunedì 12 ottobre 2020

Luoghi da sogno & Ambienti romanzeschi L'Autunno è cominciato

Luoghi da sogno & Ambienti romanzeschi

L'Autunno è cominciato




Ciao a tutti e bentornati su Codex Ludus, dopo svariati mesi rieccoci qui con la nostra rubrica Luoghi da sogno & Ambienti romanzeschi in collaborazione con Dark Zone.
Oggi intervisteremo 
Luigi Carrozzo Mariachiara Moscoloni che ci parleranno dei loro rispettivi romanzi Il Pane dei Morti e Il Sigillo di Lucifero.

Che l'intervista abbia inizio!


Dove è ambientato il tuo romanzo? Perché lo hai scelto? 


L.C.: Il pane dei morti è ambientato a Milano per più di un motivo. Innanzitutto, a Milano ci vivo e, fedele alla famosa regola “scrivi solo di ciò che conosci”, mi sembrava giusto che i personaggi agissero nella mia città. Inoltre, Milano è una metropoli ricca di contraddizioni, c’è ricchezza, ostentazione, bellezza, cultura, ma c’è anche una Milano più nascosta, oscura, soprattutto nelle periferie. E quelle zone sono gravide di potenziale narrativo.

M.M.: Il mio romanzo è ambientato a Roma, la città in cui sono nata e in cui vivo. Vorrei dire che ho scelto quest’ambientazione perché la conosco bene, ma sarebbe una mezza verità. Non si conosce mai abbastanza bene una città come Roma. 


Da cosa è ispirata l’ambientazione?

L.C.: Uscendo soltanto pochi chilometri dall’hinterland milanese, al di là dei quartieri popolari degli anni Sessanta, è facile imbattersi in cascine, borghi, brughiere. Spesso lo sguardo può incocciare in ruderi, casali abbandonati e... insomma siamo nel gotico puro. Oltre alla città, quindi, la parte cruciale del romanzo si svolge in un casale abbandonato. E maledetto.

M.M.: L’ambientazione è ispirata dal mio amore per il passato e in particolare dal periodo Barocco. Questa corrente artistica ebbe la sua culla proprio qui, nella Città Eterna.


Hai mai pensato di scriverlo in un altro tempo o luogo arrivando a cambiare genere al tuo romanzo? 

L.C.: A dire il vero no. Mi rendo conto che può sembrare assurdo, o una posa studiata, ma questo romanzo – almeno la prima parte – è un sogno. Nel vero senso della parola. I primi capitoli non sono nient’altro che la descrizione di un sogno che ho fatto qualche anno fa. Poi il resto della storia, la caratterizzazione dei personaggi, il finale, sono emersi in maniera del tutto naturale come logica conseguenza di quel primo sogno. 

M.M.: Non solo ci ho pensato, l’ho fatto. Il romanzo alterna passato e presente, e i personaggi contemporanei portano con sè tracce indelebili di vite precedenti. Questo credo che dipenda dalla mia convinzione che passato, presente e futuro siano interconnessi. Il passato non si esaurisce, il presente è solo un’illusione, e il futuro affonda le sue radici in epoche predenti. Il tempo, secondo il mio punto di vista, è un lungo nastro intrecciato, come il simbolo dell’infinito: non puoi puntare il dito in un tratto qualsiasi e stabilire con precisione dov’è il prima e dov’è il dopo. Il genere, poi, ha accompagnato il mio ragionamento temporale: ho mescolato romanzo storico, thriller, esoterico, cercando di modulare lo stile a seconda delle situazioni. Spero di esserci riuscita, mi rendo conto che non è facile: si rischia di cadere in contraddizione o di commettere anacronismi. 


Riesci a immaginare la tua storia nel passato?

L.C.: Sì, certo. I personaggi principali del romanzo si trovano nei guai per aver mentito e tenute nascoste le loro azioni malvagie, nel senso più ampio del termine. E tutti attraversano una crisi morale per questo motivo. Insomma, come humus andrebbe benissimo anche per un romanzo ottocentesco. 

M.M.: Vedi sopra.


Riesci a immaginare la tua storia nel futuro?

L.C.: Perché no. La mia è prima di tutto la storia di una famiglia, e di affetti che vengono traditi. Un tema tutto sommato universale, che potrebbe funzionare anche in un romanzo ambientato nel 2220. 

M.M.: Vedi sopra.


Tre posti in cui vorresti ambientare i tuoi prossimi libri?
 

L.C.: Milano è una città ricchissima di spunti, di sicuro lavorerò ancora tenendola come scenografia delle mie storie. Un giorno mi piacerebbe provare a scrivere qualcosa di respiro più europeo, magari con ambientazione multipla, in varie città del continente. Infine sono molto affascinato, narrativamente parlando, anche dai posti a noi familiari che possono nascondere tragedie o storie perturbanti: un condominio, una scuola, un ospedale.

M.M.: In futuro (o passato, chi può dirlo? Scherzo!) mi piacerebbe ambientare le mie storie in un posto selvaggio, fra boschi, lupi e tempeste di neve. Però ci dovrebbe essere sempre un rifugio a portata di mano, per consentire ai miei personaggi di rilassarsi e dissetarsi con un buon bicchiere di birra. Altri possibili scenari potrebbero essere Praga, Barcellona, Torino, Edimburgo, città misteriose e affascinanti per le quali preparerei subito armi e bagagli.


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Ora che l'intervista è finita, passiamo alla fase lettura: subito dopo la copertina del "Il Pane dei Morti" potrete leggere gli estratti del libro.

- L’appartamento del protagonista. Estratto dal capitolo 1


La luce fioca di una lampada a stelo. Un lungo divano bianco di finta pelle, troppo lungo per il soggiorno di pochi metri quadrati dove è stato piazzato. Sulle mensole piccole sculture di ceramica; alle pareti fotografie di vedute in bianco e nero. Un quadro alle spalle del divano, la serigrafia di un’immagine astratta, linee geometriche in varie tonalità di grigio. Le serrande abbassate. Il puzzo della cena che ancora ristagna nell’aria. L’appartamento riposa. Respiri lenti e profondi nelle stanze da letto. 

Il colore dominante è il bianco. Secondo alcune tradizioni orientali, il bianco è il colore del lutto. Il colore dei fantasmi. 

Sul divano c’è un uomo. 

Guarda fisso davanti a sé. Il televisore è spento. Gli elettrodomestici ronzano, tossicchiano, fanno il loro dovere anche di notte, quando tutto tace, quando tutti dormono. 

L’uomo si alza in piedi, si stiracchia, prende un lungo respiro. Comincia un giro di perlustrazione. Sfiora il tavolo da pranzo, si affaccia in cucina. Scosta una tenda, impugna la maniglia della portafinestra che dà sul terrazzo. La scuote. È sigillata. Si inoltra nel corridoio. 

Si ode, ovattato, un accesso di tosse grassa, catarrosa. Proviene dall’appartamento vicino. Lì vive una donna anziana, sola.  

Un sibilo improvviso. Una voce luciferina fa sgranare gli occhi all’uomo. 

«Lasciaci entrare.» 



- Il casolare 


Nei pressi della cascina tutto è terreno smosso, zolle grigie, morte, fangose. La facciata sembra quella di un edificio religioso. Si apre davanti ai due ragazzi in modo inquietante. Il colore itterico del tufo a vista. Quello che una volta doveva essere un giardino ora è del tutto rivoltato, smottato. Intorno, i resti di un muricciolo a secco. C’è puzza di muffa; proviene dalla terra stessa, dai crateri di quel suolo irreale, lunare. Il sole è basso all’orizzonte, avviato inarrestabile sul declivio del tramonto. Il casolare si staglia controluce, una piccola cattedrale diroccata nel nulla, a ridosso della città, a ridosso della vita. 

Nicholas e Simone si stringono nei loro giubbotti. 

Sulla facciata, a destra e a sinistra del portone d’entrata, spiccano i graffiti, parole rosse di vernice spray. “Hail Satan” su una parte, sull’altra tre cifre, “666” e il disegno di una croce rovesciata. Il legno dei battenti è marcio. La serratura è saltata. Sulle ante sono incise altre croci rovesciate e stelle a cinque punte inscritte in un cerchio. Poi cifre e nomi incomprensibili. 

«Certo che mette paura» afferma Nicholas anticipando l’amico. «Entriamo lo stesso?» 

Simone annuisce poco convinto. 



- Il magazzino-sottoscala, la prigione


Comincia la discesa. Appena lascia la presa, la porta si muove, quasi sospinta da una mano invisibile. Andrea la afferra al volo prima che si chiuda. Nota in alto un braccio idraulico. Si accorge poi che dall’altro lato del battente, all’interno, verso i gradini, manca del tutto la maniglia. Se la porta si fosse chiusa, sarebbe rimasto imprigionato. 

Alla fine della rampa si trova in un sottoscala molto ampio. Forse un tempo quella sala era utilizzata come magazzino. Da terra il soffitto è insolitamente alto. La luce – troppo flebile per permettere una piena visibilità – penetra da piccole finestre che, all’esterno, sono al livello della strada. Il pavimento è ricoperto di fango, muffa. 

Prende il suo smartphone e attiva la funzione torcia. Intravede un disegno sotto lo strato di mota. Una stella a cinque punte. Un pentacolo che gli porta alla mente il signore del male supremo, il diavolo. Su ogni vertice un ammasso solido, scuro, informe. Andrea si accuccia. Osserva quell’agglomerato che sembra plastica. Lo tocca. Lo scalfisce con l’unghia del pollice. Cera. Sembra il luogo di una cerimonia, di un sabba. 

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Ora invece parliamo de "Il Sigillo di Lucifero", del quale potete ammirare la copertina qui sotto... e non dimenticatevi di proseguire con la lettura!





Certamente una wunderkammer era un luogo insolito per un incontro amoroso, eppure la regina e il cardinale Decio Azzolino si incontravano spesso nel gabinetto delle meraviglie di Athanasius Kircher.

Lì, fra svettanti obelischi che intervallavano gli spazi, dando movimento all’ambiente, era conservata una delle più imponenti collezioni di mirabilia dell’epoca.

Nicchie stipate di oggetti straordinari – papiri, talismani, testi antichissimi – si arrampicavano lungo le pareti, fino a raggiungere vette imprecisate. I reperti più originali galleggiavano sotto spirito in grandi barattoli, come macabre conserve custodite nella dispensa di una nonna perversa: animali deformi, bulbi oculari, feti umani.

Cristina apriva gli sportelli degli stipetti, affascinata dai gioielli ottenuti attraverso la lavorazione di pietre rarissime, rapita dai rami di corallo dalle forme inusuali, incuriosita da esemplari di tulipani il cui valore era inestimabile.

La bolla della tulipomania era esplosa da una ventina d’anni, ma i bulbi di determinate specie si ostinavano a mantenere un gran valore.

Decio era attirato dalle statue parlanti, dagli automi e dalle lucerne, mezzi in grado di riprodurre o di deformare la realtà, con un uso sapiente della meccanica.

Maldestra come sempre, Cristina urtò un grosso scheletro di struzzo, e per un attimo temettero entrambi che venisse giù tutto.


*


Nella seconda stanza c’erano solo quadri. Dipinti magnifici che ritraevano martiri, duelli, guerre, esecuzioni; un solo soggetto: la Morte. In tutte le sue possibili declinazioni.

La tela di Raul acquistata da Borri era fra le più enigmatiche della sua produzione, al pari del titolo: Chiudo a chiave la porta su me stessa. Ritraeva una donna dai tratti evanescenti: lo sguardo malinconico, quasi ultraterreno e i capelli rossi, in tinta con i gigli appassiti color arancio che svettavano in primo piano. Il corpo era reclinato su una tomba.

Lo sfondo, alle spalle della creatura misteriosa, era gremito di simboli fra cui spiccavano un busto di Hypnos, il dio del sonno, lo scorcio di una strada medievale percorsa da una figura incappucciata e uno specchio deformante.

Fra tante opere a tema, l’unica nota fuori dal coro era rappresentata da una stampa antica che riproduceva la mappa di Roma.

Era stata appesa al centro della parete opposta all’ingresso, in modo che chiunque entrasse la vedesse per prima.

*

Iniziava ad albeggiare. Anche l’ultimo capannello di ubriachi si era dileguato in una delle viuzze laterali della piazza, fra risa, parole senza senso e passi vacillanti.

La cima delle torri di Sant’Agnese in Agone si tinsero di rosa, e Gian Lorenzo, immerso in quel silenzio assoluto, interrotto soltanto dallo scroscio delle tre fontane, ammirava compiaciuto il gioco di riflessi sulle pozze residue.

Il fantasma di Palazzo Pamphili galleggiava in una pozzanghera appena più grande delle altre.

I chiusini erano stati riaperti da un paio d’ore, consentendo all’acqua utilizzata per allagare il circuito ellittico della piazza di defluire nelle fogne, trascinando con sé lo schiamazzo e gli eccessi dei tradizionali giochi estivi.

Giulia comparve alle sue spalle come uno spettro, facendolo sussultare, talmente era assorto nei suoi pensieri. 

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Cosa ne pensate dei nostri autori? Chi vi ha suscitato il maggior interesse? Fatecelo sapere con un commento qui sotto o su i nostri account social!
Ora vi devo salutare, ciao e alla prossima!

*Enrico*

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