lunedì 14 dicembre 2020

Luoghi da sogno & Ambienti romanzeschi Un appuntamento prima di Natale


Luoghi da sogno & Ambienti romanzeschi
Un appuntamento prima di Natale




Ciao a tutti e bentornati su Codex Ludus con Luoghi da sogno & Ambienti romanzeschi in questo appuntamento pre-natalizio. In questo momento di distanziamento sociale quale occasione migliore per rimanere a casa a leggere un buon libro? Magari anche due! Paolo Fumagalli e Marichiara Moscoloni ci parleranno dei rispettivi romanzi che hanno scritto e dopo l'intervista doppia, potremmo leggere gli estratti dai loro libri con le copertine in anteprima, per la prima volta abbiamo accesso persino ai bozzetti!  


1. Dove è ambientato il tuo romanzo? Perché lo hai scelto?

M.M.: La vicenda ha per sfondo la realtà contemporanea e le scene si svolgono in prevalenza nello studio biblioteca di una casa. Si tratta di una biblioteca molto fornita, appartenente a una scrittrice. L’ambientazione è frutto del mio amore per i libri, e lo studio descritto ricorda da vicino la stanza nella quale mi rifugio per scrivere.

P.F.: Il libro è ambientato in una metropoli degli Stati Uniti. Non si tratta di un luogo preciso e reale, rappresenta piuttosto l’essenza della modernità urbana, con tutti i suoi aspetti positivi e soprattutto negativi. Ho creato un’ambientazione di questo tipo perché era necessaria alle premesse della storia: mi occorreva un posto in cui le creature soprannaturali, i poteri magici e gli elementi di antiche superstizioni e leggende fossero costretti a rimanere nascosti ma potessero sopravvivere.


2. Da cosa è ispirata l’ambientazione?

M.M.: Ogni volta che maneggio o sfoglio un libro mi sembra d’intravedere un’aura magica, tanto che, quando mi dedico alla pulizia e al riordino degli scaffali della libreria, immagino che i volumi possano interagire fra loro, chiacchierando o bisticciando (i romance non possono andare d’accordo con gli horror, nè i thriller con i romanzi fantasy o quelli di fantascienza). Mi chiedo se, cambiandoli di posto, possa dare loro un dispiacere o magari fargli cosa gradita e, quando arriva un nuovo acquisto, non posso fare a meno di domandarmi: “quale sarà la collocazione giusta per lui?”. 

P.F.: Ero stuzzicato dall’idea di scrivere una storia urban fantasy sfruttando il potenziale inquietante dello sfondo metropolitano. Come dicevo, non volevo descrivere una città precisa, esistente nel nostro mondo, ma ovviamente ci sono somiglianze con le vere metropoli americane, soprattutto New York. Nel libro appaiono anche scenari tranquilli, ma non mi stupirei se nei momenti più cupi e tesi il lettore ripensasse alle atmosfere di un film come “I guerrieri della notte”, tanto per fare un esempio.


3. Hai mai pensato di scriverlo in un altro tempo o luogo arrivando a cambiare genere al tuo romanzo? (es. ambientazione fantastica, fantascientifica, immaginaria, in un mondo distopico, in quello attuale, ecc)

M.M.: Non ci avevo pensato, ma sai che sarebbe un’ottima idea?

P.F.: A dire il vero no. Un elemento importante della storia è lo svilupparsi di una mentalità moderna in cui il razionalismo spinge in secondo piano le antiche leggende e credenze, quindi ambientare il romanzo in campagna o in una piccola cittadina, ad esempio, non avrebbe avuto lo stesso impatto. Avrei potuto farlo in un mondo completamente staccato e fantastico, ma sarebbe stato comunque uno specchio piuttosto fedele del nostro. In un contesto fantascientifico, invece, il divario tra gli uomini e le creature soprannaturali non sarebbe stato abbastanza marcato e anche la difficoltà di penetrare i misteri dei poteri occulti sarebbe stata minore, quindi la storia non avrebbe funzionato molto bene.


4. Riesci ad immaginare la tua storia nel passato?

M.M.: Certo che riesco. Adesso che ci penso, potrei ambientare l’intera vicenda in una magnifica biblioteca del passato, magari con manoscritti preziosi redatti a mano da monaci amanuensi. Una misteriosa biblioteca labirinto come quella del Nome della Rosa.

P.F.: Forse nell’Ottocento, in tempo di positivismo? Sarebbe comunque un po’ troppo presto per avere una situazione tanto estrema, quindi occorrerebbero alcuni aggiustamenti per far funzionare la storia. Invece in un passato più recente, nella prima metà del Novecento, risulterebbe credibile.


5. Riesci ad immaginare la tua storia nel futuro?

M.M.: Anche questo. Riesco a immaginare una biblioteca del futuro. Una biblioteca digitale, popolata da libri vecchi e nuovissimi. Libri che devono ancora essere scritti da autori che devono ancora nascere.

P.F.: Sì, ma in un futuro non troppo remoto, ancora simile al presente. Il progresso tecnico e scientifico dovrebbe influenzare profondamente le vite degli umani, ma senza dare una risposta a tutte le loro domande o renderli più forti in senso assoluto.


6. Tre posti in cui vorresti ambientare i tuoi prossimi libri?

M.M.: A questo punto, visto che le domande mi hanno ispirato in questo senso direi: la biblioteca  di un’antica abbazia e un’astronave del futuro. Poi, aggiungerei l’ambientazione di un romanzo cui sto già lavorando, ovvero un cimitero.

P.F.: Spesso i miei romanzi sfruttano ambientazioni inventate e mondi diversi dal nostro. Tra le storie che ho già scritto e che per il momento sono ancora nel mio cassetto, in attesa di pubblicazione, ce ne sono però alcune che si svolgono in luoghi legati alla realtà. Penso soprattutto a due, una ambientata in Italia e una a Praga, e a un’altra che riguarda una città ispirata a Parigi.



Ora l'intervista è finita ma è arrivato il momento delle ambientazioni di Mariachiara Moscoloni, qui sotto potete ammirare il bozzetto della copertina. 

Dalla posizione privilegiata, accanto alla vetrina della libreria, Ella riesce a scorgere un bel tratto della strada. 

Un tappeto di luci intermittenti si srotola sopra i passanti, che ammirano rapiti l’effetto in prospettiva dell’installazione. I colori si alternano in un codice criptato che cattura lo sguardo. Verde, dissolvenza. Bianco, dissolvenza. Rosso, dissolvenza. La gente risponde in modo automatico allo stimolo visivo degli addobbi, ipnotizzata dallo scintillio sfavillante. È l’antivigilia di Natale, e gli ultimi ritardatari si accalcano sui marciapiedi, entrando nei negozi a mani vuote e uscendo carichi di buste. 

Il motto del giorno è: acquistare! Mancano poco meno di ventiquattro ore per impacchettare i regali e ammonticchiarli sotto l’albero in pile disordinate e precarie. 

Sopraffatti dal timore di lasciare qualcuno a mani vuote, uomini e donne, giovani e meno giovani, arraffano doni a scatola chiusa, desiderosi di accontentare tutti, perfino i parenti più lontani, accuratamente evitati nel corso dell’anno. 

L’agitazione, all’interno della libreria, raggiunge gli stessi livelli di criticità dell’esterno, solo che il fenomeno appare concentrato nei reparti «bambini» e «thriller», come se gli esseri umani si sentissero combattuti fra bontà e omicidi seriali. 

*

Barbara, quella mattina, è andata a trovare Bruno al lavoro. Parcheggia l’utilitaria nello spazio riservato alle macchine degli operai e come sempre, prima di entrare, studia la facciata della fabbrica con ammirazione e rispetto.

La struttura dell’edificio, risalente ai primi anni del Novecento, appare diversa da quella dei moderni capannoni industriali in vetro e cemento, e possiede qualcosa di triste e nostalgico. Si divide in due corpi principali, uno dei quali, andato a fuoco diversi anni prima, non è mai stato ristrutturato: travi di legno, annerite dall’incendio, dall’umidità e dal tempo trascorso, si alternano a cavità frastagliate nei mattoni: attraverso quei buchi fuligginosi sono a malapena riconoscibili il profilo irregolare di un solaio mezzo sfondato e una scala sospesa nel vuoto. I vetri delle finestre ai piani inferiori sono tutti esplosi. Se ne salva giusto qualcuno ai piani superiori. 

Impossibile avvicinarsi più di tanto: l’intera parte pericolante è circondata da una recinzione di ferro, ormai arrugginita, che delimita lo spazio e impedisce l’accesso.

Nel complesso, quell’ammasso diroccato di legno bruciato e di vetri infranti ha un aspetto molto sinistro. Mia lo ha ribattezzato, a ragione, «la casa dei fantasmi». 

Di spettri, nel senso usuale del termine, non ve n’erano mai stati, ma Barbara e Mia sono coscienti del fatto che lì dentro abitino tutti i peggiori incubi di Bruno, in particolare l’incubo della morte e della perdita. 

Nelle fiamme divoratrici dell’incendio, l’uomo ha gettato una vita precedente, costellata di enormi gratificazioni, sia a livello personale che sociale. Ma, attraverso la presenza di una grande forza d’animo, è riuscito nell’impresa, apparentemente impossibile, di ricostruirne un’altra, persino migliore, con Barbara e Mia. 

Ecco perché l’edificio incendiato rimane lì, seppur con i debiti interventi manutentivi, necessari a scongiurarne il crollo. 

Si erge a triplice monito per il futuro: la precarietà del successo, l’importanza di non commettere errore stupidi, la possibilità di farcela sempre, nonostante tutto. 

*

Quindi è così che funziona? L’ispirazione per uno scrittore e, più in generale per un artista, giunge dai sospiri e dai sussurri delle anime defunte? All’improvviso la scrittrice si sente osservata: è seduta alla scrivania, il viso rivolto alla grande finestra dai vetri piombati. I motivi floreali s’intuiscono appena nella penombra dello studio. 

A quell’ora della notte regna un silenzio assoluto; Bruno e Mia dormono da un pezzo. Barbara approfitta spesso della quiete notturna per dedicare un paio d’ore alla scrittura. Le riesce sempre più difficile stare sveglia fino a tardi, ma quella sera si sente particolarmente ispirata e allora… all’improvviso la visione di un bagliore fra lo stelo e la corolla di un fiore reclinato la fa saltare sulla sedia. Una breve intermittenza che si ripete per due, tre volte. 

Toglie gli occhiali, stropiccia le palpebre, ma, sollevando di nuovo lo sguardo verso la finestra, non nota nulla di particolare. Strano, si dice, è certa di aver scorto una luce. Trascorrono pochi secondi, e la rivede.

Un riflesso, suggerisce a se stessa.

Istintivamente fa ruotare la poltrona verso la libreria alle sue spalle. Una montagna di libri la scruta dagli scaffali; Barbara, suggestionata dai pensieri formulati in merito alla metempsicosi, pensa che decine di anime la stiano osservando: l’Ispirazione, che aveva prodotto pagine e pagine di letteratura, è proprio lì. Incombe su di lei, in quel preciso istante. E le sussurra parole. 

La suggestione è tale da convincerla che i libri la vogliano incoraggiare o che le stiano nascondendo qualcosa. Forse entrambe le cose.

Cos’era quella luce apparsa sulla vetrata? 

Emette un sospiro di sollievo quando si accorge che il router, sistemato in posizione verticale su uno scaffale della libreria, accanto a una copia del romanzo 1984, lancia segnali luminosi a intervalli regolari. La connessione internet. 

Ride di sé, del tipo di paranoie che è capace di costruire nella propria testa una scrittrice di romanzi horror, e si rassegna al pensiero che, per quella sera, l’ispirazione è del tutto svanita.

Salva il documento, cui aveva lavorato alacremente nelle ultime due ore, arresta il sistema e si alza dalla scrivania. È contenta di poter tornare a letto, dove avrebbe riconosciuto, mescolato alle coperte e ai cuscini, il profumo e il tepore di Bruno.

Non appena china lo sguardo per spegnere la lampada da tavolo, lo vede. 

A terra, accanto alla scrivania, c’è uno dei suoi mistery preferiti: Lo strano caso del Dottor Jekyll e Mr Hide. Non è la prima volta che le capita di trovarlo fuori posto. Deve trattarsi di una copia particolarmente ribelle, ride fra sé Barbara. 

Lo raccoglie con cautela, controllandone il dorso. Per fortuna è intatto: l’urto non ha provocato alcuna scollatura. Sta per rimetterlo sullo scaffale, quando legge il titolo del libro immediatamente accanto: Macbeth. Abituata com’è ad attribuire una personalità precisa a ciascun romanzo, la scrittrice riflette sul fatto che il Macbeth non sia il compagno adatto per un romanzo come Lo strano caso del dottor Jekyll e Mr Hide. 

Ci pensa su un paio di secondi, il tempo necessario perché l’istinto le suggerisca una nuova collocazione. A un tratto, il lampo di genio: «Ma è ovvio: accanto a Jane Eyre e Il ritratto di Dorian Gray!» 

Il tema del «doppio», molto apprezzato dagli autori di epoca vittoriana, unisce i tre romanzi in modo indissolubile, ragiona Barbara soddisfatta di quella trovata. Ma, forse, c’era anche dell’altro... qualcosa che in quel momento, complice l’ora tarda e la stanchezza accumulata, non riesce a cogliere. 



Ore invece è il turno di Paolo Fumagalli, anche qui parliamo di una copertina in fase di sviluppo, come potete vedere, per esempio, al di sopra del titolo.

 La vampira si avvicinò al cancello arrugginito, da cui penzolava una catena con il lucchetto rotto. Al di là vide una distesa di ghiaia e terreno, in alcuni punti ancora fangosa a causa della pioggia caduta durante la notte precedente, occupata da mobili spaccati, vecchi elettrodomestici che non funzionavano, grovigli composti da parti di auto. Agli angoli si alzavano quattro lampioni ricurvi, che illuminavano il centro di quello spazio con fiotti di luce neutra e fredda, lasciando molte zone d’ombra nei punti in cui erano ammassati i detriti e le carcasse rugginose. Nel buio si vedeva una luce guizzante, causata dalle fiamme che ardevano in un bidone di metallo e che disegnavano sagome scure e sottili, come fantasmi visti sullo sfondo di un incendio.

Melanie superò il cancello e avanzò nella discarica, drizzando le orecchie e fiutando l’aria notturna come un lupo uscito a caccia, per accertarsi che non ci fosse nessuno nascosto alle sue spalle. Le uniche creature viventi degne di considerazione si trovavano tutte davanti a lei, raccolte intorno al fuoco, mentre gli altri rumori e odori che la raggiungevano indicavano soltanto la presenza di topi.



Quando arrivò nel parcheggio di un supermercato ormai chiuso da un paio d’anni, Diana vide l’automobile di Bosworth. Lanciò un’occhiata a ciò che era rimasto dell’edificio abbandonato, provando a immaginare come doveva essere stato un tempo, animato dalle luci delle insegne e dal movimento dei clienti. Per riuscirci occorreva molta fantasia, poiché i proprietari avevano cercato di coprire il fallimento con un incendio appiccato per frodare l’assicurazione, lasciando così solo un guscio annerito e devastato che non veniva usato nemmeno dai senzatetto in cerca di un riparo.

«Hai notato che ci sono tantissimi posti abbandonati?» mormorò con aria pensosa e smarrita, mentre scendeva dall’auto e si avvicinava a Travis. «Luoghi morti o agonizzanti, di cui nessuno si cura più.»

«Beh, sai com’è: la crisi economica, il degrado urbano, la speculazione edilizia e la cementificazione sfrenata…» borbottò l’uomo, stringendosi nel cappotto e voltandosi a guardare per un momento le rovine rimaste dopo l’incendio.

«Non è solo questo.»

«No. Questa città in fondo ci assomiglia. Non so quale dei due abbia influenzato l’altro, ma c’è un motivo se proprio questo posto è diventato la nuova dimora per un gruppo di creature soprannaturali cadute in disgrazia.»



Diana e Melanie entrarono nel vecchio negozio di trucchi e costumi, adesso trasformato in tetro magazzino per il divertimento del suo demoniaco proprietario. Osservarono le lampade che rimanevano accese notte e giorno, diffondendo splendori verdastri in quella stanza schermata dalle luci esterne, e i manichini rivestiti da ampi mantelli destinati in passato a finti vampiri e streghe. Abbassarono le pistole, che avevano puntato su quelle facce pallide e segnate da rughe profonde, rendendosi conto che non si trattava di veri volti, ma di maschere di gomma. Ascoltarono il silenzio che le circondava, turbato soltanto dal rumore di un grappolo di ossa di plastica appese al soffitto, mosso dall’aria che entrava dalla porta aperta.

Avanzarono in mezzo ai costumi e alle sagome grottesche di quei mostri assemblati con gusto quasi infantile per la stranezza e l’orrore, fino a giungere davanti a un ampio drappo di velluto, simile al sipario scarlatto di un teatro.





Allora vi è piaciuta la lettura? Potrebbero essere i giusti regali da mettere sotto l'albero? Fatecelo sapere con un commento qui sotto e sui nostri social. Intanto però vi saluto. Ciao e alla prossima!


*ENRICO*



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