LUOGHI DA SOGNO
&
AMBIENTI ROMANZESCHI
SICE
DI
FERNANDO SANTINI
Ciao a tutti,
ritorna Codex Ludus con Luoghi da sogno & Ambienti romanzeschi in collaborazione con Dark zone.
Oggi il nostro ospite è Fernando Santini e il suo romanzo Sice. Ma partiamo subito con l'intervista.
1. Dove è ambientato il tuo romanzo? Perché lo hai scelto?
a. Il romanzo è ambientato in Italia. L’azione si svolge in parte a Lecce e in parte a Roma.
b. I luoghi sono stati scelti in funzione della storia del romanzo. Lecce è il posto in cui ho collocato il CIE da cui vengono prelevati dei minori senza famiglia. Ho scelto Lecce in quanto non volevo indicare un CIE realmente esistente (quello di Bari). Roma è il posto in cui ha sede l’ufficio della Squadra Investigativa Crimini Efferati e, malgrado la Squadra abbia una competenza sull’intero territorio nazionale, avevo bisogno di disegnare il luogo in cui i membri della Squadra potranno sentirsi a casa.
2. Da cosa è ispirata l’ambientazione?
La serie SICE è stata ipotizzata avendo in mente alcuni elementi:
· proporre e contrapporre due modelli comportamentali: cercare la giustizia applicando le regole oppure usare la violenza per trovare i criminali;
· immaginare situazioni/crimini che portassero il lettore a sposare uno dei due modelli all’inizio del romanzo, ma che poi gli facessero maturare il dubbio, durante lo svolgimento della storia, che quel modello fosse quello giusto;
· creare un contesto in cui il fattore tempo, la velocità e la tecnologia consentissero ai protagonisti di correre lungo il filo della storia.
Per il primo romanzo ho ipotizzato un crimine duro, violento, che riguardasse degli indifesi (immigrati, minorenni, senza famiglia, ossia soggetti tre volte deboli) e avevo bisogno di far comprendere che il male spesso si nasconde in soggetti insospettabili (di qui il coinvolgimento di soggetti benestanti, dal buon livello culturale, esponenti della classe dirigente).
Quindi avevo bisogno di un luogo di partenza del crimine e questo non poteva essere altro che un CIE. Poi di un posto in cui i criminali insospettabili vivessero la loro vita agiata e questo non poteva altro che essere Roma.
3. Hai mai pensato di scriverlo in un altro tempo o luogo arrivando a cambiare genere al tuo romanzo? (es. ambientazione fantastica, fantascientifica, immaginaria, in un mondo distopico, in quello attuale, ecc)
La scelta di utilizzare il mondo reale con riferimenti ai problemi odierni (immigrazione clandestina, pericolo terrorismo, crimine organizzato) nasce dalla volontà da un lato di porre il lettore nella condizione di pensare che quanto viene narrato possa effettivamente accadere, dall’altro dalla volontà di far soffermare il lettore su alcuni temi che caratterizzano il presente.
Fatta questa premessa, il testo tratta del tema dello sfruttamento dell’immigrazione, dello sfruttamento dei più deboli, del senso di potere delle classi dirigenti e inserisce due approcci che tentano di risolvere l’ingiustizia. Il cavaliere nobile che cerca la verità e la giustizia con mezzi leciti e il cavaliere nero che decide di affrontare il male con la violenza. Ritengo che questi temi siano rappresentabili in qualsiasi contesto sia con basi realistiche (romanzo storico) sia con basi scientifiche (romanzo di fantascienza) sia con basi di fantasia (romanzo fantasy e discopico), purché lo scrittore sia in grado di padroneggiare il contesto in cui si muove. Personalmente, vista la mia predilezione per i romanzi di spionaggio e gialli in cui vi sia azione e connessione con il mondo reale, disegnare la storia nel contesto attuale è stato una sorta di atto naturale.
4. Riesci ad immaginare la tua storia nel passato?
Sì. Ad esempio, se dovessi disegnarla nel periodo medioevale, immaginerei dei reati simili effettuati da nobili di rango inferiore su cui indaghino un investigatore reale (convinto che la giustizia debba essere perseguita essendo più intelligenti dei criminali) e un ricco commerciante che ritiene opportuno usare il suo denaro per creare un corpo privato di polizia, usando persone dell’esercito del Re, che rincorra i criminali attuando pratiche di tortura.
5. Riesci ad immaginare la tua storia nel futuro?In questo caso l’ambientazione sarebbe anche più facile in quanto la tecnologia potrebbe essere sfruttata sia nelle indagine del poliziotto che ama rispettare le regole per trovare i colpevoli, sia per le azione del giustiziere che non ha problemi a usare la violenza per ottenere gli stessi risultati.
Ambienterei il tutto in una terra cupa, dai colori scuri e dagli odori forti, in cui il paladino della giustizia si trova ad operare utilizzando gli algoritmi logici della polizia di stato mentre chi quegli algoritmi ha contribuito a creare decide di abbandonare la logica perché la forza bruta della violenza fornisce risposte più rapide.
6. Tre posti in cui vorresti ambientare i tuoi prossimi libri?
Ho creato la Squadra Investigativa Crimini Speciali avendo in mente una serie di almeno sei libri. Se vuoi ti dico dove saranno ambientati i prossimi romanzi della serie.
Il secondo si svolgerà tra Genova, Piacenza, Padova, Gioia Tauro e tratterà il tema dello smaltimento dei rifiuti tossici, oltre che a creare quello che sarà il terzo componente forte della serie: un gruppo criminale destinato a diventare il nemico più pericoloso della Squadra.
Il terzo si svolgerà tra Roma, Torino, Milano, Gioia Tauro, Varsavia e tratterà il tema delle sette religiose votate ai sacrifici umani.
Il quarto si svolgerà tra Roma, Cracovia, Reggio Calabria, Nord Africa e tratterà una serie di reati a sfondo sessuale.
Se invece vuoi sapere dove ambienterei storie diverse da quelle della SICE, ti risponderei in toscana, vicino Montepulciano cercando di coniugare lo spirito toscano (intendendo anche il vino) con indagini basate sulla cinesica (e forse potrei già averlo fatto). Oppure mi trasferirei in un contesto completamente diverso, lontano nel tempo e nello spazio per trattare i temi delle emozioni (paura, rabbia, curiosità, amore, fedeltà, coraggio, vigliaccheria) in un’avventura che possa portare il lettore a guardare verso le stelle chiedendosi se gli sarà concesso di prendervi parte.
Se già dall'intervista questo romanzo ha iniziato a interessarvi, allora non potete perdervi qui sotto gli estratti delle ambientazioni per immergervi ancora di più nella storia.
Ambientazione: Siamo all’interno della stanza del Direttore del Cie di Lecce. Le pareti sono piene di quadri. Il Direttore è dietro la sua scrivania, di fronte ha tre membri della SICE.
«Quanti clandestini sono fuggiti da qui nel corso del precedente anno?» chiede Teresa.
«Una quarantina, credo», risponde concentrandosi sulla penna che, con estremo nervosismo, si rigira tra le mani.
«E quanti minori?» lo incalza Davide.
«Sinceramente non lo so. Nei miei dati non faccio distinzione per età e sesso», risponde l’uomo girando di scatto il viso.
«Come vi comportate quando un clandestino fugge?» chiede Teresa.
«Intanto occorre che comprendiate che non facciamo un appello al mattino e uno alla sera. Questo non è un lager.»
«Da un punto di vista strutturale non si direbbe. Avete mura alte che circondano questo posto. Avete vigilanza armata. Avete anche l’ordine di non far uscire nessuno. Quindi, se escludiamo la violenza e le camere a gas, direi che possiate essere assimilati a una prigione», commenta Davide.
«Se siete venuti per offendere potete anche uscire da questa stanza», esclama il manager infastidito.
«Io credo che sia il caso che lei si calmi e guardi con attenzione queste due foto», dice Vincenzo buttando sul tavolo un plico.
L’uomo apre la busta e osserva le foto, gettandole con orrore sul tavolo.
«Cosa cazzo…»
«Questo è il motivo della nostra visita. Vuole che le raccontiamo, con dovizia di particolari, cosa hanno fatto a questo povero bambino?»
«Io, in verità…»
«Lei ora apre bene le orecchie e ci sta a sentire. Sappiamo con certezza che almeno tre bambini sono passati per questo CIE e sono, per così dire, fuggiti. Tutti questi bambini sono morti, dopo aver subito violenza. Ora a me è stato insegnato che uno è caso, due è coincidenza, tre è certezza», prosegue il Commissario Capo.
«Cosa vuole insinuare?»
«Io non insinuo, io affermo che qualcuno che lavora qui è di sicuro coinvolto in un traffico di bambini», afferma Vincenzo battendo con forza i pugni sulla scrivania.
«Lei non sa…» inizia a dire l’ingegnere.
«Se completa la frase con ‘chi sono io’, la arresto seduta stante con l’accusa di reticenza. Il suo avvocato la farà uscire presto, ma qualche ora di cella se la fa di sicuro», prosegue Vincenzo alzandosi dalla sedia.
L’ingegner Vitali rimane in silenzio. Lascia cadere la penna sulla scrivania e guarda il funzionario con occhi spalancati. Una goccia di sudore gli inizia a colare sul lato destro del viso.
Ambientazione: Siamo all’interno della villa di Roberto Zanzi un ricco imprenditore che è anche il capo della struttura segreta chiamata ARCO. Le tre persone che si sono incontrate si trovano all’interno di una stanza le cui pareti di legno ricoprono il piombo che scherma l’ambiente. Il clima è, nel contempo, cordiale, amichevole e professionale.
La villa di Roberto Zanzi è buia e silenziosa vista dall’esterno, nessun penserebbe che al suo interno ci siano delle persone.
«Cosa c’è di così importante per indire questa riunione straordinaria?» domanda il Procuratore Gori.
«Gli uomini di Marco ci hanno fatto avere copia della confessione del vigilantes del CIE di Lecce», risponde l’imprenditore.
«E allora?»
«Si tratta della versione integrale. Quella in mano alla SICE manca di una parte», afferma il Prefetto.
«Perché?»
«Ascolta», dice Roberto che poi accende un computer.
«Caro Lepore non posso credere che tu non abbia compreso che dietro la sparizione di minori c’era qualcosa di molto sporco», dice una voce mentre in video si vede un manganello che accarezza la guancia dell’interrogato.
«Vi giuro che…» la frase si interrompe per un urlo di dolore.
«Penso che tu voglia conservare i tuoi coglioncini, ma se continui a mentire, te li riduco in poltiglia.»
«Va bene, va bene. Hai ragione. Ho sospettato che si trattasse di una cosa pericolosa.»
«E quindi hai cercato di capirne di più. Non è vero?»
«Sì, è vero»,
«E cosa hai scoperto?»
«Che i ragazzi erano trasferiti al nord. Verso Roma e Firenze.»
«E poi?»
«Che uno degli uomini che indossava la divisa della Sicurezza CIE è calabrese.»
«Come lo hai capito?»
«L’ho visto fuori dal CIE. Lui non poteva sapere che io avevo visto una piccola imperfezione nelle scarpe che indossava una sera in cui abbiamo fatto fuggire uno scafista. L’ho rivisto con quelle scarpe il mese dopo, al cinema. Ero tre file dietro di lui. Non mi ha visto perché era insieme a una ragazza ed era concentrato su di lei. Parlavano in calabrese.»
«Cos’altro hai scoperto?»
«Quella sera l’ho anche sentito parlare al telefono. Parlava dell’operazione a cui avevo partecipato anch’io.»
«E…»
«Ripeteva spesso la parola ‘onorevole’.»
«Cazzo», commenta il Procuratore.
«Già. Il livello si alza», risponde Roberto.
«Possiamo scoprire di più?»
«Ho detto ai miei uomini di analizzare i conti di Lepore. Speriamo che ci conducano da qualche parte.»
«Anche gli uomini della SICE faranno lo stesso.»
«Certo, ma noi sappiamo muoverci più velocemente», dichiara il Prefetto.
Ambientazione: Siamo all’interno di un magazzino abbandonato nella periferia di Roma. Il luogo è buio, silenzioso, cupo.
L’uomo si rigira sul pagliericcio. Le mani, legate dietro la schiena, gli rendono difficili i movimenti. Con lo sguardo cerca di capire dove sia. Il bavaglio gli crea problemi nel deglutire. Il sole, entrando da uno spiraglio lasciato aperto dai suoi sequestratori, colora di rosso le pareti della stanza facendogli capire che il tramonto si sta avvicinando.
«Caro Andrea, siamo svegli?» gli domanda un uomo vestito in una tuta nera e con il viso coperto da un passamontagna.
L’uomo lo osserva senza muoversi. Non prova neanche a rispondere, poiché il bavaglio renderebbe incomprensibile quello che lui potrebbe dire.
«Hai ragione, non puoi rispondermi. Non preoccuparti, tra qualche minuto potrai parlare. Ti sarai domandato chi siamo. Noi siamo i buoni e sappiamo in cosa sei coinvolto. Sappiamo dei tuoi film, conosciamo i tuoi interessi professionali. Sappiamo dei tuoi legami con gli Sgulli. Ora ti starai domandando cosa vogliamo da te… Semplice, sappiamo tanto, ma non abbiamo prove. Per alcuni di noi questo non sarebbe un problema e ti infliggeremmo, senza alcun dubbio, una dura pena. Però, per tua fortuna, la maggior parte di noi vuole agire seguendo una diversa linea etica. Quindi, abbiamo bisogno della tua confessione», gli dice l’uomo mascherato continuando a girare intorno al giaciglio.
«Sono sicuro che stai pensando che non ci dirai nulla. Voglio tranquillizzarti. Parlerai. Ti chiedo, come favore personale, di provare a resistere a lungo alle richieste che ti faremo. Io appartengo al gruppo di quelli che pensano che dovremmo punirti senza attendere oltre e ci troverò gusto a lavorarmi il tuo corpo mentre dirai di non sapere nulla. Però voglio rassicurarti, non ti permetterò di morire. Sarebbe troppo comodo per te», gli dice facendo cenno a un altro uomo, entrato da pochi secondi nella stanza, con cui si avvicina al prigioniero.
I due uomini lo sollevano dal giaciglio e lo mettono su una sedia al centro della stanza. Uno degli uomini gli libera le mani, mentre il secondo prende una catena, che pendeva dal soffitto, e aiutato dal suo compagno, lega le mani del regista per poi sollevarle sopra la testa di Saudelli.
«Allora, caro Andrea, ora ti togliamo il bavaglio», gli dice l’uomo mascherato.
«Cosa cazzo vuoi sapere?!» domanda il regista una volta liberata la bocca.
«Vedo che sei intelligente. Non hai provato a urlare.»
«Non sono stupido. Se mi liberate la bocca siete sicuri che nessuno potrebbe sentire le mie urla.»
«Bravo e cosa altro hai capito?»
«Che è vero che non volete uccidermi, almeno per ora. Perché altrimenti non vi sareste preoccupati di nascondermi il vostro volto.»
«Bravo. Hai detto bene. Almeno per ora. Adesso devi rispondere ad alcune domande», gli dice l’uomo facendo cenno al compagno di accendere la telecamera.
«Ti chiami Andrea Saudelli?»
«Non lo sapete?»
Il regista non termina la frase che riceve un pugno sull’addome.
«Perché?»
«Rispondi.»
«Sì, sono io.»
«Raccontaci quello che sai del CIE di Lecce.»
«Il CIE?»
L’uomo mascherato colpisce di nuovo il corpo del regista. Questa volta, però non con un solo colpo.
«Pensavo fossi un uomo intelligente. Temo di dovermi ricredere.»
«Vaffanculo!» risponde Saudelli.
«Ti ringrazio per l’opportunità che mi dai», commenta l’uomo mascherato iniziando a colpirlo sul costato fino a farlo svenire.
Quando il regista si sveglia si lamenta per le fitte di dolore che il suo corpo gli trasmette a livello cerebrale.
«Bentornato tra noi», gli dice l’uomo mascherato.
«Che cazzo mi hai fatto?»
«Nulla. Ti lascio una possibilità di scelta. Se non ci rispondi farò in modo che tu abbia serie difficoltà a camminare in futuro.»
«Te lo ripeto, non so nulla.»
«Perfetto. Io non ho problemi», gli dice il carceriere prendendo un martello e colpendo con forza la caviglia dell’uomo appeso alla catena. Il rumore delle ossa rotte è superato solo dalle urla del regista.
«Peccato. Hai perso l’uso di una gamba. Ma non preoccuparti, non ti farò zoppicare», gli dice colpendo l’altra caviglia.
Ecco la copertina del romanzo di Fernando |
Ciao ciao,
*DANA*
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