venerdì 24 aprile 2020

LUOGHI DA SOGNO & AMBIENTI ROMANZESCHI "I figli della cenere" e "Il vortice nero"

LUOGHI DA SOGNO & AMBIENTI ROMANZESCHI

"I figli della cenere" e "Il vortice nero"

Ciao a tutti,
ben ritrovati su Codex Ludus per la seconda puntata mensile dedicata agli ambienti e ai paesaggi in collaborazione con Dark Zone.
Anche questa volta sono due gli ospiti del blog che abbiamo intervistato per voi.
Subito dopo potrete gustarvi gli estratti che ci hanno gentilmente inviato, quindi non scappate via subito.



1.   Dove è ambientato il tuo romanzo? Perché lo hai scelto?
Daniele Viaroli: Il Vortice Nero è ambientato a cavallo tra più dimensioni e, anche se ad avere un ruolo preminente sono tre, è difficile parlare dell’una senza citare le altre. Vorrei, però, per questa volta, concentrarmi su Creepy Creek, una sorta di polveroso far west in cui tre specie dominanti si contendono il dominio delle poche risorse disponibili. Immaginate gli indiani sfrecciare nei cieli a bordo di moto volanti, i cowboy attraversare il deserto su slitte dalla scia infuocata e schiavi meccanici, ansiosi d’ottenere la libertà, ribellarsi contro i loro proprietari e ci sarete quasi. Ho scelto questo tipo d’ambientazione per fare da cornice al personaggio di Odin. Questi, forte e determinato, aveva bisogno di una sfida all’altezza delle sue capacità, ma anche di un mondo in cui Benny potesse sfoggiare tutta la sua ironia. Uno spaghetti western mi è sembrata la soluzione appropriata.
Francesca Bertuca: I figli della cenere è ambientato in un’Europa del futuro devastata dalla terza guerra mondiale, la quale non solo ha annientato ogni forma di elettricità, ma ha anche ridimensionato i confini degli Stati. Se l’Europa dell’est, detta regno di Varsavia, è separata dai territori dell’ovest da un muro invalicabile, a nord i paesi scandinavi si sono agglomerati sotto un’unica corazza di ferro per fuggire al gelo. Essendo un romanzo sviluppato attraverso un punto di vista multifocale, ci ritroveremo in diverse città europee nello stesso momento. Avremo modo di conoscere la nuova Berlino, ora chiamata Brenna, dove piove perennemente cenere. Ma potremo anche camminare per le strade di Parigi, patire il freddo in Norvegia ed esplorare le foreste del nord Italia. Per non parlare di San Pietroburgo, nel romanzo Leningrado, dove la storia avrà inizio. Insomma, diciamo che non mi piace stare a lungo nello stesso posto, né muovermi in un’ambientazione conosciuta, come potrebbe essere quella reale. Amo immaginare un mondo alternativo, non per forza migliore.

2.   Da cosa è ispirata l’ambientazione?
D.V.: Come anticipato nella risposta precedente, una buona dose d’ispirazione è arrivata dagli spaghetti western di Sergio Leone, dalla faccia corrucciata di Clint Eastwood e da quella meraviglia animata che è Trigun. Il far west era un tipo d’ambientazione cui non mi ero mai dedicato, così ho voluto sperimentare qualcosa di nuovo, rendendolo più cupo, più tecnologico e, allo stesso tempo, più ironico.
F.B.: Più che essermi ispirata a qualcosa, diciamo che ho cercato di costruire un’ambientazione che fosse adatta alla situazione che i miei personaggi stavano vivendo. Prendiamo Alec. Lui, sin dalla prima stesura del romanzo, ha sempre cercato di andare al di là del mare, di scappare dal suo paese. Avendo chiaro questo concetto, mi sono domandata perché sentisse quest’urgenza, perché odiasse tanto il suo mondo. Ed ecco spiegata la cenere sul regno di Varsavia. Da lì, si è sviluppato tutto il resto: la terza guerra mondiale, il ridimensionamento degli Stati, la nuova fede, il fischio nero. Tutti elementi che si sono generati di volta in volta, grazie a quaderni, libri, cartine geografiche e la pazienza della mia migliore amica; le chiacchierate con lei mi sono state indispensabili per ottenere la giusta ambientazione.

3.   Hai mai pensato di scriverlo in un altro tempo o luogo arrivando a cambiare genere al tuo romanzo? (es. ambientazione fantastica, fantascientifica, immaginaria, in un mondo distopico, in quello attuale, ecc)
D.V.:In questo caso ammetto d’aver elaborato almeno una ventina di soluzioni diverse, però temo che cambiare tempo avrebbe reso l’ambientazione più debole. Nel passato avrei perso la componente tecnologica, mentre in un futuro sarebbe stato complesso salvaguardare l’aspetto selvaggio. Però, ammetto che vedere i personaggi immersi in uno spazio-tempo totalmente diverso sarebbe uno spasso. Già m’immagino Skald cantare in una rock band, Odin farsi strada nel mondo delle MMA e Benny fare il venditore ambulante di cianfrusaglie senza senso.
F.B.:Decisamente sì. La prima stesura del romanzo era ambientata in un mondo immaginario ed era di stampo fantasy. 

4.   Riesci ad immaginare la tua storia nel passato?
D.V.:Essendo a cavallo tra più dimensioni, ognuna con una coordinata storica differente, è piuttosto semplice e in parte lo faccio già. I flashback di Odin, ad esempio, sono ambientati durante la colonizzazione dell’Islanda e nella Danimarca di re Sweyn Barbaforcuta, quindi attorno all’anno 1000. Altre dimensioni, come la Creepy Creek di cui abbiamo parlato in precedenza, hanno una connotazione simile al nostro passato.
F.B.: Be’, abbastanza. Considerate che, a causa della guerra, nel romanzo sono scomparse molte cose di uso comune, tra cui l’energia elettrica e le armi da fuoco. Di conseguenza, i personaggi hanno ripreso a usare le spade, a muoversi a cavallo e adoperarsi senza l’ausilio dell’energia elettrica. Quello che vediamo, alla fine, è un mondo che ricorda un po’ il Medioevo, benché con diversi elementi contemporanei e/o futuristici.

5.   Riesci ad immaginare la tua storia nel futuro?
D.V.:Per quanto riguarda il futuro, l’ho donato di una dimensione tutta sua, con la maggior parte delle caratteristiche di una space opera. Ho chiamato quel luogo Tau Ceti ed è proprio da lì che giunge il Collettivo, la nuova minaccia che incombe sul Multiverso.
F.B.:Il futuro, dove peraltro è ambientata la storia, è la sua collocazione ideale.

6.   Tre posti in cui vorresti ambientare i tuoi prossimi libri?
D.V.:Proviamo ad andare con ordine.
-         In America Latina: mi piacerebbe scrivere uno di quei romanzi d’avventura in cui si esplorano luoghi impossibili per decifrare il mistero di una città perduta. Pensavo alla leggendaria terra d’origine degli Aztechi, Aztlan.
-         In un albergo isolato dallo spazio e dal tempo, in cui far incrociare i destini di diversi sconosciuti, giunti da spazi e mondi differenti.
-         In un mondo apocalittico, dove gli ultimi sopravvissuti lottano strenuamente per sopravvivere agli attacchi costanti di creature di cui non comprendono la reale natura.
F.B.: Quando scrivo, difficilmente parto dall’ambientazione. In genere sviluppo prima i personaggi, poi la storia e, in ultimo, trovo loro una locazione. Di conseguenza, non so dirvi dove vorrei ambientare le storie, perché dovrei prima conoscere i miei futuri personaggi. Se ne avessi l’occasione, cercherei di sviluppare qualcosa nella Lunigiana, dove ci sono un sacco di luoghi abbandonati e paesini davvero suggestivi. Mi piacerebbe scrivere dei sentieri liguri, a strapiombo sul mare, ma anche concentrarmi sul caos invivibile di una grande città come New York. Tuttavia, conoscendomi, so già che finirei per inserire qualcosa di fantascientifico che modificherebbe un po’ tutte e tre le ambientazioni. Ahimè, se non posso vagare con la fantasia finisco per annoiarmi!


Ehi ehi dove correte? Gli estratti che vi ho promesso sono qui sotto. Inoltre potrete gustarvi anche le magnifiche copertine che Dark Zone ci regala ogni volta.



Leggenda narra che in un angolo sperduto del terzo pianeta del sistema Sol, in una nazione chiamata Italia, esista una zona la cui operosità sfiora proporzioni mitiche. Quest’area, edificata all’ombra di una statua dorata, si è espansa sempre più, inghiottendo tra i suoi tentacoli di cemento la campagna circostante e dando così origine a uno dei peggiori nemici della natura: l’Hinterland Milanese.

Profezie mai dimenticate raccontano che laggiù, nascosto agli occhi dei più, sia stato installato un cassonetto dell’immondizia unico per foggia e funzione. Esso è infatti ubicato in un luogo di grande potere, in cui il destino intreccia i propri nodi con quelli del fato. Questa particolare congiunzione astrale ha portato il Divin Cassonetto ad accogliere al suo interno diverse reliquie d’immenso potere. Tra di esse ci piace ricordare un sacchetto dell’umido, tre bucce di banana, un paio di lastre di polistirolo, una lavatrice senza cestello, una famiglia di topi di passaggio, l’inutile inserto del sole 24 ore, un pacchetto quasi pieno di brioches biologiche al gusto improbabile di zucca lessa e un ragazzino di terza superiore a metà tra lo stupito e il terrorizzato.



Il viandante se ne disinteressò e puntò il saloon. Oltrepassò una stalla i cui piloni di sostegno erano stati rinforzati con spesse placche metalliche. Una precauzione contro le tempeste di sabbia comune a tutte le città di Creepy Creek. Quel mondo, coperto interamente da deserti, era spazzato a intervalli regolari da uragani in grado di separare un edificio dalle proprie fondamenta. L’unica soluzione consisteva nell’inchiodare le case a delle lastre d’acciaio, simili a padelle, seppellite diversi metri sottoterra. Una soluzione astuta, nonostante le tempeste non fossero la maggior causa di morte laggiù. Il primato spettava all’avvelenamento.

Da piombo.



Si guardò attorno, non riconobbe il panorama circostante e capì all’istante di non essere più a Crocevia. Il corto circuito del tracciatore doveva averla traslata in un’altra dimensione. Attorno a lei era un continuo alternarsi di lievi colline, coperte da un sottile strato d’erba rossiccia. Una selva di foglie arancioni, scossa dal ritmo di un vento frenetico, coronava i rari tronchi bianchi e scendeva come una cascata di lacrime a sfiorare il terreno. Il cielo aveva colori pastello, sospesi tra il giallo e il violaceo e sfumati dai riccioli grigio-bluastri delle nubi.

Kalena si perse ad ammirare il panorama per alcuni minuti, finché un grugnito dietro di lei non ne attirò l’attenzione. Rapita dal nuovo mondo, non aveva notato Incursore che, ancora privo di sensi, sonnecchiava beato nell’erba rossastra. Il corto circuito doveva aver coinvolto anche lui.





ESTRATTO 1

Marciò in silenzio per quasi venti minuti. Via via che avanzava, la strada iniziò a farsi sempre più sporca, il Muro più vicino. Ogni volta che lo intravedeva, Alec avvertiva un prurito fastidioso. Non tanto per quello che rappresentava, quanto per il fatto di non avere mai trovato il coraggio di provare a varcarlo. Una volta aveva visto un uomo con un piccolo fagotto tra le braccia riuscire a superare la prima transenna. Lui e gli altri brennesi ne erano rimasti sbalorditi e avevano iniziato a incitarlo a correre veloce, affinché riuscisse a scappare. All’ultimo, però, si era aperto qualcosa nel terreno e quello era precipitato nel vuoto con un grido straziante. Poi, solo il silenzio. Da quel giorno, Alec si era ripetuto che non avrebbe mai tentato di fare una cosa tanto stupida, eppure, ogni volta che lo guardava, non poteva fare a meno di ripensare a suo fratello Caleb, al fischio nero che solo l’anno prima l’aveva quasi ucciso. E se si fosse ammalato di nuovo? Che colpa avevano di essere nati dalla parte sbagliata?

ESTRATTO 2

Inspirò a pieni polmoni. L’aria puzzava di vecchio e malattie. Sulla sinistra, i mezzadri coltivavano le sue terre, o almeno ci provavano. Erano ingrigite per la cenere, piene di rami secchi che si rizzavano verso il cielo come artigli infernali. Taras gli lanciò un’occhiata veloce. Vide due uomini e qualche ragazzino che aravano la terra. Erano sporchi, tossivano, ma sorridevano. Un uomo abbracciò quello che probabilmente era suo figlio. La sua testa era straordinariamente grossa, segno che non sarebbe arrivato a compiere sedici anni. Poi, sbracciò verso alcune donne, chine sull’orto a scavare nella cenere, in cerca di tuberi. C’era una ragazza bagna di sudore, con la gonna che le aderiva alle cosce. Si insinuava tra le sue natiche evidenziando un sedere piccolo, sodo come una rara albicocca dell’estremo sud. Lui serrò la mascella, tornando in fretta a fissare la strada.

ESTRATTO 3

Il cielo oltre le nubi era rosso. Nell’aria c’era odore di cenere, neve e addii. Cara era la fragranza delle conifere che crescevano sulle montagne macchiate dalla neve. Ancor più dolce, la pinna nera che spuntava dall’acqua.

La chiamavano Betsie e quello era il quarto autunno che trascorreva nel fiordo. Evidentemente, per quell’orca Hanstad era diventata la sua nuova casa.

Misha Galkin sospirò, guardando l’orizzonte dalla banchina. Le montagne si ergevano verso il cielo come denti aguzzi di uno squalo. Lui non ne aveva mai visto uno, per fortuna, ma quando immaginava una bestia simile, la figurava un po’ come quel posto: silente e letale.


Anche per questa volta abbiamo terminato. Se volete rimanere sempre aggiornati sulle nuove uscite Dark Zone, sul mondo fantasy, nerd e quant'altro non dimenticatevi di iscrivervi al blog, alla pagina Facebook di Codex Ludus e a Instagram.
Ciao ciao,
*Dana*

1 commento:

  1. Mi ero persa questa intervista! Super interessante. Il romanzo di Francesca Bertuca mi è piaciuto davvero tanto, avvincente e originale. L'ambientazione è un futuristico mix tra Medioevo e atmosfera postapocalittica!
    Non vedo l'ora esca il secondo romanzo e recupererò a breve anche il testo di Viaroli.
    Grazie.

    Alice

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