martedì 4 dicembre 2018

Luoghi da sogno & Ambienti romanzeschi, Natale in arrivo

Luoghi da sogno & Ambienti romanzeschi
Natale in arrivo


Ciao a tutti e bentornati su Codex Ludus! Eccoci qui con il blog tour di Dark Zone e con la nostra rubrica Luoghi da sogno & Ambienti romanzeschi! Questo post lo leggerete nei primi giorni di Dicembre, mancano ancora una ventina di giorni a Natale, ma sono quasi sicuro che questa rubrica andrà in ferie fino all'anno prossimo.
Passerete delle vere e proprie vacanze? O come me lavorerete ogni singola domenica? Be se siete liberi potrebbe essere l'occasione per leggere i libri di Eleonora Vucetich, Fabrizio Fortino Miriana Vitulli... magari con una coperta, al caldo, aspettando la sera.
Qui sotto troverete l'intervista ai nostri tre autori e più in basso gli estratti dai loro romanzi, quindi buona lettura!

Dove è ambientato il tuo romanzo? Perché lo hai scelto?

E.V. Inizialmente non volevo ambientarlo in nessun luogo preciso, non mi piace indirizzare eccessivamente il lettore verso ambientazioni che ho scelto io. Infine mi sono lasciata convincere dal mio brevissimo editor e l'ho ambientato in parte a Monza, una città che ho sempre amato per il suo fascino e vicino cui mi sono trasferita un anno fa. 
L'ambientazione più “studiata” è Craco, una città abbandonata che non ho mai visitato (per ora!!!) ma che mi affascina terribilmente.
Infine c'è Celestine, un luogo inventato, dove ho riposto tutte le mie fantasie.

F.F. Nicolas Grimm è ambientato a Shuttertown, una città immaginaria situata nell’Inghilterra di metà diciannovesimo secolo, in piena epoca Vittoriana. La mia passione per l’epoca Napoleonica e Vittoriana mi ha guidato, in maniera anche subdola, verso quella direzione. Scrivi di quello che conosci bene, dicono i professionisti. Ho soltanto dovuto seguire il consiglio.

M.V. Il mio romanzo è ambientato in un piccolo paese sulla costa dell’Alaska. L’ho scelto perché ero in cerca di un posto molto freddo che potesse essere un’analogia con lo stato d’animo di Judy: una persona ormai fredda, sempre “grigia”. Ma anche l’Alaska, con i suoi manti bianchi, il mal tempo e il clima freddo, regala una grande bellezza.



Da cosa è ispirata l’ambientazione? 

E.V. Monza dall'esperienza personale, dopotutto la vivo quasi tutti i giorni.
Craco l'ho scelto per la mia passione per i luoghi abbandonati, hanno un fascino tutto loro.
Celestine, invece, è totalmente frutto di fantasia, sono i miei sogni, le mie idee, le mie credenze.

F.F. È senza dubbio una commistione di generi, ciascuno ispirato da tutta una serie di romani e film letti e visti durante i miei 44 anni di vita. Ho voluto buttare nel tritacarne della mia fantasia un po’ di tutto quello che mi piace e mi affascina. Così, ci si può trovare avventura, thriller, storia, dark, tutto condito da un pò di sana fantasy.

M.V. Di posti freddi nel mondo ce ne sono tantissimi. L’ispirazione dell’Alaska viene dal fatto che è un posto che vorrei visitare. È uno dei miei sogni americani.



Hai mai pensato di scriverlo in un altro tempo o luogo arrivando a cambiare genere al tuo romanzo? (es. ambientazione fantastica, fantascientifica, immaginaria, in un mondo distopico, in quello attuale, ecc)

E.V. Si, inizialmente doveva essere un Romance, ma alla fine mi sono resa conto che avevo bisogno di più 'spazio' per dar voce alla mia fantasia, e ho capito che solo il fantasy mi permetteva una libertà quasi totale.

F.F. No, Nicolas Grimm nasce come romanzo ucronico/fantasy collocato con precisione in quell’epoca. C’era bisogno di vapore, tanto vapore e ingranaggi di ottone e congegni usciti dagli incubi più oscuri di Tesla. Di creature strappate alla loro dimensione eterea dall’insensatezza di alcuni uomini e del sacrificio di pochi per rimettere le cose a posto. Di clan pechinesi, di luridi bassifondi della peggiore Londra di fine ottocento e di un ragazzino, catapultato in quel marasma senza avere la più pallida idea di come muoversi al suo interno.

M.V. In realtà no. Ho sempre pensato che dovesse essere una storia ambientata ai nostri giorni, nel nostro mondo.


Riesci ad immaginare la tua storia nel passato?

E.V. Si, perché c'è molta trasposizione del passato nel mio romanzo. È un passato oscuro che si ripropone ai nostri giorni.

F.F. Be, sì. È ambientata proprio nel passato.

M.V. Assolutamente sì. Quella di Judy è una storia che, purtroppo, potrebbe essere molto comune. Magari potrebbe essere ambientata nel medioevo: la figlia di una contadino che, in età da marito, perde il suo grande amore e va a fare la domestica a casa di un artista. Potrebbe starci, no?


Riesci ad immaginare la tua storia nel futuro?

E.V. Sinceramente no e se ci penso non mi piacerebbe.

F.F. La mia visione dell’Inghilterra Vittoriana, volutamente steampunk come tradizione vuole, è proiettata più verso la fantascienza che in qualsiasi altro genere. Il romanzo è infarcito di congegni, armi, e veicoli che niente hanno a che vedere con la tecnologia di fine ottocento. La rivoluzione industriale è stravolta e piegata alla fantasia più sfrenata tanto da far pensare a un futuro post apocalittico più che a un passato vero e proprio.

M.V. Anche in questo caso la risposta è sì!


Tre posti in cui vorresti ambientare i tuoi prossimi libri?

E.V. Al primo posto metto sicuramente un ospedale psichiatrico, al secondo posto l'aldilà, al terzo posto un mondo inventato.

F.F. - Europa 1942
-Saint- Nazaire, base sommergibilistica tedesca
-A bordo di un sommergibile della Kriegsmarine
Ho detto troppo? ☺

M.V. Ho già scritto un altro romanzo breve ambientato a Napoli, casa mia, e ne ho uno in corso ambientato sempre in America. Tre posti di cui vorrei scrivere sono la Francia, Sud America e Giappone.


Ora è il momento degli estratti, ma prima, qui sotto potete vedere la copertina del libro di Eleonora!
Come vi sembra?

I

Caroline si guardava intorno, ma non c'era molto oltre antiche abitazioni ormai logorate dal tempo: gran parte delle case erano distrutte, l'intonaco si era staccato dalle pareti, tutto era sporco e abbandonato.
Ogni qual volta una finestra abbastanza grande faceva intravedere l'interno di un'abitazione, tutto ciò che appariva erano ammassi di macerie.
Caroline capì perché in quel posto era vietato l'ingresso: sembrava che tutto potesse crollare da un momento all'altro.
La città sembrava essere un gradino unico, c'erano piccoli scalini in pietra ovunque, che li portavano sempre più in alto.
Alcuni viottoli erano stretti e angusti, e i resti di tutto ciò che un tempo era stato grande scricchiolavano sotto i loro piedi.
Caroline arrancò quando l'uomo incappucciato che stava seguendo si addentrò in mezzo a una fitta e alta erba.
Quando furono abbastanza in alto, Caroline si guardò indietro e vide immense radure, fiumi e montagne stagliarsi ai suoi piedi.
Tutto, intorno a loro, era vivo, tutto a parte Craco.

II

Finalmente mi guardai intorno, assaporando tutto lo spettacolo che si apriva di fronte a me.
Era una radura immensa, con un fiume che si diramava in ogni direzione, sopra ogni albero c’era una casa in legno, erano maestose ed eleganti, tutte con balconi pieni di fiori.
In basso, invece, una moltitudine di persone di ogni età si aggirava indisturbata.
Sembrava di essere nel paese delle meraviglie.
“Dove siamo?”
“Siamo a Celestine” rispose Maya.

III

Caroline stava seguendo Oya e Mojag lungo i corridoi di pietra, l'umidità e il freddo di quelle grotte le facevano sempre venire la pelle d'oca. 
Il passaggio si fece più stretto, a malapena ci passava una persona, così Mojag passò per primo.
Oya dette la precedenza a Caroline, più che per galanteria, per tenerla d'occhio e accertarsi che non fuggisse.
I vestiti le si bagnarono appena toccarono la roccia scura, piccole gocce d'acqua scendevano fredde dall'alto. 
Un ragno piuttosto grosso e peloso camminava indisturbato sul muro e Caroline dovette appiattirsi di più contro la parete opposta e trattenere il fiato per non rischiare di toccarlo.
Aveva imparato fin troppo bene che tutto ciò che di vivo, a volte anche di morto, abitava quel luogo era pericoloso.
Quel ragno, probabilmente, avrebbe potuto paralizzarla, o anche ucciderla, con un semplice morso.
Per almeno una decina di minuti, continuarono a seguire la strettoia serpeggiante, finché non sbucarono in una zona circolare col le pietre leggermente più scure.
Un delicato venticello fece rabbrividire Caroline, che si guardò intorno per capire da dove potesse provenire: erano a circa 50 metri sotto la terra, non potevano esserci spifferi di quel tipo.


Dopo aver letto un po' di Eloise ora potete leggere Nicolas Grimm di Fabrizio Fortino.
Non dimenticate di guardare la copertina!

I


Le scalette di pietra liscia scendevano nel cuore di quel pozzo oscuro che individuava l’entrata di una delle tante Breath-house che affollavano il quartiere. «Fumerie», le chiamavano i clienti assidui. «Case della Morte», invece, era il termine con cui Tibbles si era sempre riferito a quel genere di esercizio. Se tale poteva definirsi.
Prima di entrare si fermò esitante. Diede un’ultima occhiata all’insegna arrugginita e illeggibile, per accertarsi che non fosse nel posto sbagliato. Il luogo era quello, lo sapeva, l’aveva sempre saputo; pochi passi ancora e avrebbe incontrato il suo destino. Prese un lungo respiro e scansò la tenda macchiata e piena di rattoppi. Fu costretto a coprirsi gli occhi con una mano, quando la polvere si staccò dal tessuto, vorticando. Con una smorfia di disgusto, chinò il capo ed entrò.
Quel pulviscolo giallastro gli rimase appiccicato alle dita sudate. Fu la puzza, però, a colpirlo come uno schiaffo, un miscuglio informe di odori a cui non avrebbe saputo dare un nome, un misto del tanfo di sudore che saliva dai corpi distesi sui tappeti sporchi e sui vecchi divani, che intravedeva ammassati per tutto il locale.

II

Fu in prossimità dei Thirty Paces Lane che persero la traccia lasciata dall’esule. Ormai viaggiavano solo secondo l’istinto dell’Imagogrammatrix e girovagare in quella zona non era una cosa che facesse sentire tranquillo persino il più smaliziato dei sorveglianti. Thirty Paces Lane era definito da tutti come un alveare decomposto, ricettacolo di tutta la peggiore feccia dei bassifondi. Il nome Thirty Paces era dovuto proprio all’aspettativa di vita a cui si poteva aspirare camminando da soli per gli oscuri vicoli: trenta passi era il massimo consentito. Questo Francis lo sapeva bene e, per quanto possibile, aveva sempre evitato quella zona limitando le sue brevi visite alle sole caccie a sporadici esuli che si avventuravano in quel posto. Molte volte la ricerca si risolveva da sola e Francis trovava l’esule già ridotto a un ammasso di rottami. Naturalmente non era questo il caso; l’esule della Sorgente che stavano cercando era fatto di ben altra pasta e non si sarebbe fatto sorprendere impreparato dalla feccia di Thirty Paces. Se veramente l’esule si aggirava in quei meandri putrescenti, non era certo lui a essere in pericolo, ma i suoi sfortunati aggressori.

III

Quella commistura esotica di paccottiglia e cianfrusaglie lo affascinava a tal punto da pensare di venir meno ai suoi doveri di ibrido logistico. La sua essenza era proiettata verso quel brulicante mercato. Ne poteva odorare gli effluvi più disparati, immaginare la quantità di minutaglie sparse a caso su innumerevoli banchi, dove altrettanto innumerevoli mercanti contrattavano con i loro clienti. Un affascinante ritrovo di stravaganti personaggi giunti sin lì per la straordinaria nomea del Canary dove, si diceva, si potesse trovare di tutto: persino la vita o la morte.
Francis non condivideva la sua stessa passione per il Canary Wharf. Lo aveva sempre evitato come la peste, limitando le poche visite a meri scopi d’indagine. Per lui quel posto altro non era che un covo di tagliagole, ladri e furfanti di ogni risma. Come si diceva in giro, la vita o la morte erano questione di pochi spiccioli e al Canary, spesso, era ancora più a buon mercato.
Quello che per Grammith era profumo di umanità, per lui era puzza di marcio. Il mercato ne era pregno e non solo per le numerose bancarelle di merce avariata o per i rinomati banchi di pesce, il Canary era marcio all’interno e il suo cuore pulsante si reggeva sulla corruzione e sul raggiro.


E infine Miriana Vitulli con il suo SE CI SEI non ho paura.

I

“Mentre la pioggia scendeva impetuosa e si scontrava con la finestra, Judy non poteva fare a meno di guardare la stradina al di là del vetro. Seduta sul davanzale, con il pigiama verde e la tazza di tè tra le mani, cercava di abituarsi allo scenario di Pennwood, un paese tutto neve e vento freddo sulle coste dell’Alaska che proprio non le apparteneva.”

II

“Se un mese prima le avessero detto che presto avrebbe visto casa nelle tempeste, nella neve, nell’odore del mare in lontananza, nelle strade piccole, in quel paese dove tutti o quasi si conoscevano, non ci avrebbe creduto.”

III

“Il parco della città era tetro e grigio, sembrava intrappolato in un vecchio nastro del dopoguerra. C’erano i residui della neve, c’era il gelo, c’era lo stridulo rumore delle altalene mosse dal vento e il frusciare delle foglie dei sempreverdi, c’erano i rami che pendevano e grattavano l’uno contro l’altro. C’era l’ululato di un lupo in lontananza, malinconico e disperato, rivolto a una luna piena che fuggiva dietro le nuvole.”


Lo so, è presto per fare gli auguri di Natale, ma devo farli. Passate delle buone feste, divertitevi e acquistate molti regali. Soprattutto dei nostri autori di Dark Zone!
Si, sono di parte, e perciò questo Natale riceverò carbone... e visto quel che costa non è nemmeno un brutto regalo!
Vi devo lasciare perché sto ridendo per i fatti miei e posso passare più strano di quello che in realtà già sono.
Ciao e alla prossima!

*Enrico*

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