lunedì 14 ottobre 2019

Luoghi da sogno & Ambienti romanzeschi - Elyss di Valerio la Martire

Luoghi da sogno & Ambienti romanzeschi
Elyss di Valerio la Martire


Ciao a tutti e ben ritrovati qui su Codex Ludus,
ormai si avvicina sempre di più il freddo e l'inverno e cosa c'è di meglio che un plaid, una tisana calda e un buon libro?
Codex Ludus è nato per raccontarvi le nostre passioni e consigliarvi sempre cose nuove da leggere o vedere. Putroppo in questo periodo va a rilento ma cerchiamo comunque di mantenerlo in vita. Ed è quello che farò anche oggi consigliandovi come di consueto la lettura dei romanzi Dark Zone e in particolare di Elyss.
 Partiamo come il solito con l'intervista all'autore:

1.   Dove è ambientato il tuo romanzo? Perché lo hai scelto?

È ambientato a Roma, la città eterna, una delle più antiche del mondo. È il posto perfetto per un romanzo che parli di fantasmi, antichi misteri, reliquie, potenti magie, monumenti e luoghi nascosti. 


2.   Da cosa è ispirata l’ambientazione?

Ho la fortuna di avere un po’ di amici appassionati di archeologia e folklore che hanno saputo consigliarmi libri, leggende e miti da rispolverare. Inoltre tante leggende romane le conoscevo di mio e mi sono divertito a usarle e raccontarle nel romanzo. 


3.   Hai mai pensato di scriverlo in un altro tempo o luogo arrivando a cambiare genere al tuo romanzo? (es. ambientazione fantastica, fantascientifica, immaginaria, in un mondo distopico, in quello attuale, ecc)

Non ho pensato di raccontare altrove questa storia che è strettamente legata a Roma e al nostro tempo, ma ho pensato di raccontare Elyss in altri tempi e altri luoghi, questo sì.

Guardando con attenzione nel catalogo della DZ ci si potrebbe imbattere in una strega occhialuta e coperta di lentiggini che però vive le proprie avventure in un altro e un altro luogo... anche il nome è proprio lo stesso... nuovi misteri all’orizzonte. 


4.   Riesci ad immaginare la tua storia nel passato?

Molto facilmente, sì! Elyss è una perfetta strega medievale, intenta a combattere il patriarcato e gli abusi della chiesa, a difendere la propria libertà e identità, a cercare potere in nome della libertà. O libertà in nome del potere, dipende dal punto di vista con lei. 


5.   Riesci ad immaginare la tua storia nel futuro?

Tempo fa ho scritto (vi avevo detto che Elyss mi perseguita da molto tempo?) un racconto di fantascienza in cui è protagonista una ragazza che parla centinaia di lingue e che cerca di lasciare il pianeta in cui è perseguitata per le sue capacità linguistiche... beh insomma è sempre lei, anche se con poteri diversi!


6.   Tre posti in cui vorresti ambientare i tuoi prossimi libri?

Il prossimo, ambientato sempre nel mio mondo fantastico dove vive Elyss sarà in Romania, poi ho un progetto sull’Irlanda e qualcosa in India dovrei scriverlo anche. La magia indiana è molto interessante!


Se ancora non siete convinti ad acquistarlo, proseguiamo con gli estratti del romanzo. Preparatevi perché avrete un bel po' da leggere.

*



Il mercato di piazza Vittorio è... beh, non c’è un aggettivo che possa descriverlo in maniera omnicomprensiva; ne servirebbero una manciata bella piena e ancora non ci saremmo vicini.

Posso raccontarvi che è un’enorme piazza sotterranea, alla quale si accede attraverso la Porta Alchemica, che è strutturata su più livelli, costruiti senza dare molto peso a un qualsiasi progetto urbanistico o idea di coerenza tant’è che ci sono dei livelli in cui rischi ginocchiate in faccia da quelli di un livello vicino. I diversi livelli si mischiano tra di loro con delle forme eccentriche e si spostano pure. Alla fine ti trovi in un gran pastrocchio di gambe, piedi, braccia e teste che si scontrano molto spesso.


Ogni strato ha una o più piazzole sulle quali si possono trovare le cose più disparate: su quella dell’ingresso un’accozzaglia di bancarelle affastellate e in quella subito accanto c’è solo un commerciante con un piccolo banchetto solitario, che vende estratti di lumaca e miasmi putridi di melma; poco sopra un ragazzo siriano vende tappeti volanti e ha il suo bancone in bilico su una stalattite. Poi ci sono un paio di fontane di epoca romana che non vedono la luce da quando sono sprofondate qua sotto e c’è anche una cascata che si sposta di piazzola in piazzola, alimentata da uno degli acquedotti romani, la metà del tempo bagna i passanti o le merci e l’altra metà del tempo bagna entrambi. Ci sono due piazzole in cui si trovano solo merci cinesi come pietre elementali, miracolose pomate afrodisiache e lingue di drago. C’è un’arena dove chi vuole può sfidare altri incantatori o creature magiche a duello; case più o meno abitabili; penne piume e creature di ogni tipo. Insomma è un porto franco di culture e razze, dove l’unica regola è che nessuno rompa le scatole a nessun altro.

Pure con questo lungo elenco di dettagli, non riesco a darvi un’idea degli odori di spezie, incensi e incantesimi di ogni parte del mondo che si possono annusare qui; dei colori delle stoffe, delle pelli, delle squame e dei peli che si nascondono sotto le volte della piazza; della quantità di iridi dai colori più disparati, lingue sconosciute e creature che girano tra vicoli serpentini, baracche addossate ad altre baracche, bancarelle in movimento e palazzetti di pietra costruiti con gli avanzi di qualche villa romana.

Magari il mercato di piazza Vittorio assomiglia a qualsiasi altro mercato magico ma non penso proprio che sia così.

«Non sapevo ci fosse un posto del genere a Roma» Alexander si guardava intorno stupito, probabilmente cercava di capire da che verso osservare tutto quel bailamme di cose.

«Sono sicuro che potrei mostrarti ogni giorno un luogo che non ti aspetteresti a Roma per almeno un paio di mesi, pure tre.»

Osservai la sua pelle nera coperta di tatuaggi, gli occhi ambrati che si spostavano di bancarella in bancarella, le braccia muscolose e mi sentii orgoglioso di me. Stavo portando in giro per Roma un personaggio famoso nel mondo magico e tutti quelli che lo riconoscevano si giravano a guardarmi, per capire se davvero era con me. Non mi ero mai sentito tanto importante.

«Sì, ma noi stiamo cercando un solo ex stregone. Dove lo troviamo in questo casino?» disse Elyss infastidita interrompendo il mio quarto d’ora di celebrità riflessa.

«Che hai?» le chiesi. «Qui l’Inquisizione non ha giurisdizione. È un luogo franco, nessuno arresta nessuno e nessuno usa poteri o incantesimi di alcun genere se non nelle arene o nelle abitazioni e locali privati. I preti per fare acquisti mistici vanno alla Spezieria di Santa Maria della Scala, la Farmacia dei Papi. Qui ci vengono solo quelli come noi.»

«Niente» rispose dubbiosa, «ho una strana sensazione.»

Fece un cenno con la testa e ci infilammo tra le strade gremite di persone, creature magiche e divinità del passato ormai dimenticate. Saltavamo da una piazzola all’altra o usavamo i ponti sospesi di corda per muoverci verso quelle più alte e lontane.

Alexander rallentava spesso parlando con questo o quell’altro venditore, studiando le merci esposte e chiedendo di tanto in tanto qualche traduzione dei termini più strani. Elyss sbuffava che sembrava una locomotiva a vapore.

«Michele, ma se dovessimo cadere dove finiremmo?» chiese Alexander guardando nel vuoto sotto di noi.

«Ma... non si sa bene. Ogni tanto qualcuno decide di scendere per scoprirlo o perché è convinto ci sia chissà quale antico tesoro nascosto lì sotto. Si dice che lo stesso Romolo sia in verità ancora in vita e che dalle profondità delle grotte sotto Roma continui a guidare la città. Comunque non è mai tornato nessuno da laggiù e se fossi in te lascerei perdere. Le piazzole galleggiano da più di duemila anni, non stare a preoccuparti di cosa succederebbe se dovessero mai andare giù.»

Alexander rispose annuendo, mentre Elyss continuava a lanciare occhiate nervose intorno.



*



«È una cosa che anche i romani hanno quasi dimenticato» ripresi a raccontare, «ma c’è un oracolo piuttosto importante a Roma. La statua di Pasquino è una delle più note statue parlanti del mondo. È dal ‘500 che dà oracoli, rivela segreti e sberleffa chi gli sta antipatico. Non si sa bene cosa fosse in origine, forse la statua di qualche tempio dedicato a un satiro o ad Apollo, comunque sia, sono secoli che dice la sua.»

«Non capisco cosa c’entri questo con noi» Elyss faceva orecchie da mercante, aveva capito perfettamente.

«Lui potrà darci un oracolo e confermare o smentire la tua divinazione. Pasquino non sbaglia mai.»

Elyss mi squadrò come se fossi uno scarafaggio che passeggiava sul cuscino del letto. Anzi peggio, come se fossi sotto le lenzuola e la invitassi a unirsi a me e a tutte le mie zampe.

«Non mi fido in generale delle divinazioni...» disse dubbioso Alexander.

«Sì, d’accordo. Ma se anche Pasquino conferma quello che dice Elyss allora direi che possiamo seriamente prendere in considerazione la sua teoria, non credi?»

Lo stregone mi studiò per un attimo, poi fece cenno di sì con la testa.

«Come si chiama questo posto? Pasquino?» chiese Alexander. «Che problema avete con i nomi? Pasquino, Esquilino, Casilino, Prenestino, Appio Latino, Ardeatino... Cos’è vi manca la fantasia? Voi italiani dovreste averne un bel po’...»

«E questa sarebbe una piazza?» esclamò Elyss.

Tra ristoranti con i tavoli in strada già aperti per il pranzo delle undici degli americani, tre strade che si incrociano e i palazzi che torreggiano su di noi effettivamente ha più l’aspetto...

«Sembra un banale incrocio...»  concluse Alexander.

Il mio orgoglio romano era stato attaccato su due fronti dall’inglese e dal brasiliano. Non potevo lasciar correre.

«Un banale incrocio, eh? Peccato che in questo banale incrocio ci siano Chiesa della Natività, tardo ‘600, Palazzo Braschi del ‘500 e la statua di Pasquino, che è un frammento di un gruppo marmoreo che risale al III° secolo dopo Cristo... ah!» ero tronfio e gonfio come un bel rospo satollo e non contento continuai: «Proprio dove siamo adesso è stato ucciso l’ultimo Eudaemon greco nella grande Guerra dei Lari verso la fine del ‘200... questo è un banale incrocio di Roma. In qualsiasi altra città al mondo ci aprirebbero un museo nazionale dove ci troviamo adesso.»

Alexander era arrossito e guardava altrove, gonfiandomi il petto di orgoglio e soddisfazione che ancora un po’ e scoppiavo. Elyss mi guardava incuriosita, stupita. Fece di sì con la testa e vidi i suoi zigomi sollevarsi e la bocca aprirsi. Mi stava davvero sorridendo. Il suo viso sembrava quello di un’altra, quello della ragazza che avevo scorrazzato per Roma per una settimana, quella con cui avevo vissuto, quella che ascoltava rapita le storie e le leggende dei vicoli dove la portavo, quella che avrei voluto...

Come?

Niente... insomma aveva il sorriso di una persona solare e allegra, una persona che mi piaceva più della strega saccente e brusca in cui si era trasformata negli ultimi due giorni.

Comunque durò pochi secondi, il sorriso svanì e Elyss tornò a parlare rapida e con frasi secche.

«Come funziona la statua di Pasquino? Come la facciamo parlare?»

Presi un lungo respiro e cercai di non pensare troppo al cuore che mi batteva più rumoroso del solito.

«Bisogna scrivere un biglietto e attaccarglielo addosso.»

Alexander si guardò intorno.

«Un biglietto da attaccare a una statua del... che secolo era? Voglio dire, si può fare?»

«Non facciamoci vedere troppo, comunque la statua di Pasquino è sempre piena di pezzi di carta. È una tradizione, guarda.»

Ci avvicinammo al marmo, schivando un paio di camerieri che ci invitarono a mangiare da loro, indicando l’ingresso del ristorante per il quale lavoravano.

La statua aveva ancora attaccati vecchi cartelli satirici sul primo ministro e sulla politica migratoria.

Elyss prese dal cappotto un quadernino con una penna infilata dentro e ci scrisse sopra.

Mi si avvicinò e mi infilò due dita in bocca.

«Ma...»

Mi tirò fuori la gomma da masticare e la appiccicò al retro del foglio che aveva scarabocchiato, per poi attaccarlo sulla fronte della statua.

«Potevi chiederla, te l’avrei data...»

«Quanto ci mette a rispondere?»

«Dipende da come gli girano, se gli piace la formula con cui hai fatto la domanda...»

«Alle statue di Bes bisogna fare le moine, a quest’altro dipende da come gli girano... ma sono tutte così le questioni magiche dalle vostre parti?» chiese stizzita.

«Non proprio, no. Comunque che ti lamenti? In Inghilterra gli spiriti sono solo tè delle cinque e biscottini al burro, my dear

«In Inghilterra abbiamo i draghi.»

«La finite?» Alexander indicò la statua. «Ci sta guardando.»

Il busto del guerriero ellenico aveva dischiuso le palpebre di marmo e ci osservava immobile. Tra gli occhi, appiccicato sulla fronte con la mia gomma da masticare, c’era il foglio a quadretti scribacchiato da Elyss:



“Nun ce sta gnente da fa’

E sempre a Roma bisogna da torna’

Ma se pe’ sopravvive a’a notte ce vole er gladiatore

Dimmi tu Pasquino bello,

Come famo a pija chi ha liberato er Predatore?”



«Ehi! Ma sai scrivere pure in dialetto in rima? Comunque sembra che il tuo biglietto gli sia piaciuto...»

Una folata di vento ci raggiunse dal vicolo di destra facendo vibrare i fogli attaccati alla meno peggio sul busto. Le lettere stampate si mischiavano come se fossero foglie sparse a terra andando a comporre la risposta dell’oracolo: ...



*



Tornammo alla macchina lasciata dietro un vicolo di piazza Vittorio e ci mettemmo in marcia verso un altro albergo fuori mano, il Sisterhood Hotel.

Era un posto losco sulla via Salaria, stavolta vista Grande Raccordo Anulare, dove avevo già dormito una volta, durante un periodo di appostamento per difendere una ninfa che veniva picchiata dal suo satiro magnaccia.

Il receptionist all’ingresso ci accolse con un largo sorriso.

«Per quante ore vi servirà la stanza?» ci chiese con un forte accento dell’Europa dell’est e il tono pratico di chi è abituato a fare la stessa domanda almeno venti volte al giorno.

«Ne avremmo bisogno per tutta la notte» risposi un po’ in imbarazzo. L’usuale clientela del Sisterhood era di solito di natura fugace.

Lui osservò Alexander ed Elyss e fece un cenno della testa, come a dire che capiva che sarebbe stata una notte impegnativa in tre.

Tirò fuori dei moduli da compilare e li appoggiò sul bancone.

«Avrò bisogno dei vostri documenti e che mi compiliate e firmiate queste carte.»

Stavo ancora ragionando se era una buona mossa lasciare i nostri documenti quando Elyss si sporse in avanti slacciando il primo bottone del corpetto e si protese sul bancone con fare ammiccante.

«Ti prego» disse con una voce roca e sottile che non le avevo mai sentito usare, «avremmo davvero bisogno di moltissima privacy... e preferirei tanto non compilare quei documenti. Sai, non vorrei che il mio fidanzato scoprisse che mi sto divertendo un po’. È un tipo molto geloso e mi tiene praticamente segregata in casa.»

Il ragazzo arrossì e deglutì rumorosamente, mentre i suoi occhi fecero quello che ogni paio di occhi farebbe in una situazione del genere: si tuffarono tra le tette di Elyss.

Lei si spinse ancora più in avanti e per un attimo pensai che il seno le sarebbe uscito fuori dal corpetto. Allungò il dito indice e lo posò con delicatezza sulla punta del naso del ragazzo.

«Puoi fare questo per me?»

Lui balbettò qualcosa che poteva sembrare un sì, rosso in faccia come se lo avessero messo dentro una sauna svedese e con una prepotente secchezza delle fauci.

Elyss gli fece un occhiolino, prese le chiavi della stanza che lui aveva posato sul bancone senza più fiatare e con aria giuliva lo salutò. Poi prese la mano di Alexander e la mia e ci condusse verso l’ascensore.

Quando fummo dentro notammo che il ragazzo si stava sporgendo oltre il bancone per rubare un’ultima immagine della nostra compagna. Elyss gli mandò un bacio volante e poi le porte dell’ascensore si chiusero.

Un jazz lounge accompagnò la nostra salita, Alexander e io la guardavamo senza sapere che dire.

«Beh? Che c’è?» disse mentre si richiudeva il corpetto, «ci mancava solo che registrasse i nostri documenti. Adesso meno facce da pesci lessi e torniamo al lavoro, dobbiamo ancora capire come muoverci! Inoltre ho fame, avranno il servizio in camera?»

Passammo il resto della serata mangiando cibo cinese da asporto, cercando di ignorare il rumore dei vicini che ci davano dentro e continuando a discutere su quanto fosse affidabile la divinazione di Elyss.

La camera era dignitosamente pulita, le lenzuola così sottili da essere quasi trasparenti, la moquette a terra un po’ umida e le finestre oscurate da tapparelle che non penso fossero state alzate da molti anni. Comunque, la stanza dava su un muro strutturale del Raccordo e a parte il rumore dei vicini era abbastanza silenziosa e protetta, proprio quello di cui avevamo bisogno. 


Anche per oggi il post finisce qui. Allora cosa ne pensate di questo nuovo romanzo Dark Zone? Non mi stancherò mai di proporvi nuovi libri di nuovi autori. Leggere fa bene alla mente e allo spirito. Quindi continuate a sognare con me!
Ciao Ciao,
*Dana*

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