Luoghi da sogno & Ambienti romanzeschi
Elyss di Valerio la Martire
ormai si avvicina sempre di più il freddo e l'inverno e cosa c'è di meglio che un plaid, una tisana calda e un buon libro?
Codex Ludus è nato per raccontarvi le nostre passioni e consigliarvi sempre cose nuove da leggere o vedere. Putroppo in questo periodo va a rilento ma cerchiamo comunque di mantenerlo in vita. Ed è quello che farò anche oggi consigliandovi come di consueto la lettura dei romanzi Dark Zone e in particolare di Elyss.
Partiamo come il solito con l'intervista all'autore:
1. Dove è ambientato il tuo romanzo?
Perché lo hai scelto?
È ambientato a Roma, la città eterna, una delle più antiche del mondo. È
il posto perfetto per un romanzo che parli di fantasmi, antichi misteri,
reliquie, potenti magie, monumenti e luoghi nascosti.
2. Da cosa è ispirata l’ambientazione?
Ho la fortuna di avere un po’ di amici appassionati di archeologia e
folklore che hanno saputo consigliarmi libri, leggende e miti da rispolverare.
Inoltre tante leggende romane le conoscevo di mio e mi sono divertito a usarle
e raccontarle nel romanzo.
3. Hai mai pensato di scriverlo in un
altro tempo o luogo arrivando a cambiare genere al tuo romanzo? (es.
ambientazione fantastica, fantascientifica, immaginaria, in un mondo distopico,
in quello attuale, ecc)
Non ho pensato di raccontare altrove questa storia che è strettamente
legata a Roma e al nostro tempo, ma ho pensato di raccontare Elyss in altri
tempi e altri luoghi, questo sì.
Guardando con attenzione nel catalogo della DZ ci si potrebbe imbattere
in una strega occhialuta e coperta di lentiggini che però vive le proprie
avventure in un altro e un altro luogo... anche il nome è proprio lo stesso...
nuovi misteri all’orizzonte.
4. Riesci ad immaginare la tua storia
nel passato?
Molto facilmente, sì! Elyss è una perfetta strega medievale, intenta a
combattere il patriarcato e gli abusi della chiesa, a difendere la propria
libertà e identità, a cercare potere in nome della libertà. O libertà in nome
del potere, dipende dal punto di vista con lei.
5. Riesci ad immaginare la tua storia
nel futuro?
Tempo fa ho scritto (vi avevo detto che Elyss mi perseguita da molto
tempo?) un racconto di fantascienza in cui è protagonista una ragazza che parla
centinaia di lingue e che cerca di lasciare il pianeta in cui è perseguitata
per le sue capacità linguistiche... beh insomma è sempre lei, anche se con
poteri diversi!
6. Tre posti in cui vorresti ambientare
i tuoi prossimi libri?
Il prossimo, ambientato sempre nel mio mondo fantastico dove vive Elyss
sarà in Romania, poi ho un progetto sull’Irlanda e qualcosa in India dovrei
scriverlo anche. La magia indiana è molto interessante!
Se ancora non siete convinti ad acquistarlo, proseguiamo con gli estratti del romanzo. Preparatevi perché avrete un bel po' da leggere.
*
Il mercato di piazza Vittorio è... beh, non c’è un aggettivo
che possa descriverlo in maniera omnicomprensiva; ne servirebbero una manciata
bella piena e ancora non ci saremmo vicini.
Posso raccontarvi che è un’enorme piazza sotterranea, alla
quale si accede attraverso la Porta Alchemica, che è strutturata su più
livelli, costruiti senza dare molto peso a un qualsiasi progetto urbanistico o
idea di coerenza tant’è che ci sono dei livelli in cui rischi ginocchiate in
faccia da quelli di un livello vicino. I diversi livelli si mischiano tra di
loro con delle forme eccentriche e si spostano pure. Alla fine ti trovi in un
gran pastrocchio di gambe, piedi, braccia e teste che si scontrano molto
spesso.
Ogni strato ha una o più piazzole sulle quali si possono
trovare le cose più disparate: su quella dell’ingresso un’accozzaglia di
bancarelle affastellate e in quella subito accanto c’è solo un commerciante con
un piccolo banchetto solitario, che vende estratti di lumaca e miasmi putridi
di melma; poco sopra un ragazzo siriano vende tappeti volanti e ha il suo
bancone in bilico su una stalattite. Poi ci sono un paio di fontane di epoca
romana che non vedono la luce da quando sono sprofondate qua sotto e c’è anche
una cascata che si sposta di piazzola in piazzola, alimentata da uno degli
acquedotti romani, la metà del tempo bagna i passanti o le merci e l’altra metà
del tempo bagna entrambi. Ci sono due piazzole in cui si trovano solo merci
cinesi come pietre elementali, miracolose pomate afrodisiache e lingue di
drago. C’è un’arena dove chi vuole può sfidare altri incantatori o creature
magiche a duello; case più o meno abitabili; penne piume e creature di ogni
tipo. Insomma è un porto franco di culture e razze, dove l’unica regola è che
nessuno rompa le scatole a nessun altro.
Pure con questo lungo elenco di dettagli, non riesco a darvi
un’idea degli odori di spezie, incensi e incantesimi di ogni parte del mondo
che si possono annusare qui; dei colori delle stoffe, delle pelli, delle squame
e dei peli che si nascondono sotto le volte della piazza; della quantità di
iridi dai colori più disparati, lingue sconosciute e creature che girano tra
vicoli serpentini, baracche addossate ad altre baracche, bancarelle in
movimento e palazzetti di pietra costruiti con gli avanzi di qualche villa
romana.
Magari il mercato di piazza Vittorio assomiglia a qualsiasi
altro mercato magico ma non penso proprio che sia così.
«Non sapevo ci fosse un posto del genere a Roma» Alexander si
guardava intorno stupito, probabilmente cercava di capire da che verso
osservare tutto quel bailamme di cose.
«Sono sicuro che potrei mostrarti ogni giorno un luogo che
non ti aspetteresti a Roma per almeno un paio di mesi, pure tre.»
Osservai la sua pelle nera coperta di tatuaggi, gli occhi
ambrati che si spostavano di bancarella in bancarella, le braccia muscolose e
mi sentii orgoglioso di me. Stavo portando in giro per Roma un personaggio
famoso nel mondo magico e tutti quelli che lo riconoscevano si giravano a
guardarmi, per capire se davvero era con me. Non mi ero mai sentito tanto
importante.
«Sì, ma noi stiamo cercando un solo ex stregone. Dove lo
troviamo in questo casino?» disse Elyss infastidita interrompendo il mio quarto
d’ora di celebrità riflessa.
«Che hai?» le chiesi. «Qui l’Inquisizione non ha
giurisdizione. È un luogo franco, nessuno arresta nessuno e nessuno usa poteri
o incantesimi di alcun genere se non nelle arene o nelle abitazioni e locali
privati. I preti per fare acquisti mistici vanno alla Spezieria di Santa Maria
della Scala, la Farmacia dei Papi. Qui ci vengono solo quelli come noi.»
«Niente» rispose dubbiosa, «ho una strana sensazione.»
Fece un cenno con la testa e ci infilammo tra le strade
gremite di persone, creature magiche e divinità del passato ormai dimenticate.
Saltavamo da una piazzola all’altra o usavamo i ponti sospesi di corda per
muoverci verso quelle più alte e lontane.
Alexander rallentava spesso parlando con questo o quell’altro
venditore, studiando le merci esposte e chiedendo di tanto in tanto qualche
traduzione dei termini più strani. Elyss sbuffava che sembrava una locomotiva a
vapore.
«Michele, ma se dovessimo cadere dove finiremmo?» chiese
Alexander guardando nel vuoto sotto di noi.
«Ma... non si sa bene. Ogni tanto qualcuno decide di scendere
per scoprirlo o perché è convinto ci sia chissà quale antico tesoro nascosto lì
sotto. Si dice che lo stesso Romolo sia in verità ancora in vita e che dalle
profondità delle grotte sotto Roma continui a guidare la città. Comunque non è
mai tornato nessuno da laggiù e se fossi in te lascerei perdere. Le piazzole
galleggiano da più di duemila anni, non stare a preoccuparti di cosa
succederebbe se dovessero mai andare giù.»
Alexander rispose annuendo, mentre Elyss continuava a
lanciare occhiate nervose intorno.
*
«È una cosa che anche i romani hanno quasi dimenticato»
ripresi a raccontare, «ma c’è un oracolo piuttosto importante a Roma. La statua
di Pasquino è una delle più note statue parlanti del mondo. È dal ‘500 che dà
oracoli, rivela segreti e sberleffa chi gli sta antipatico. Non si sa bene cosa
fosse in origine, forse la statua di qualche tempio dedicato a un satiro o ad
Apollo, comunque sia, sono secoli che dice la sua.»
«Non capisco cosa c’entri questo con noi» Elyss faceva
orecchie da mercante, aveva capito perfettamente.
«Lui potrà darci un oracolo e confermare o smentire la tua
divinazione. Pasquino non sbaglia mai.»
Elyss mi squadrò come se fossi uno scarafaggio che
passeggiava sul cuscino del letto. Anzi peggio, come se fossi sotto le lenzuola
e la invitassi a unirsi a me e a tutte le mie zampe.
«Non mi fido in generale delle divinazioni...» disse dubbioso
Alexander.
«Sì, d’accordo. Ma se anche Pasquino conferma quello che dice
Elyss allora direi che possiamo seriamente prendere in considerazione la sua
teoria, non credi?»
Lo stregone mi studiò per un attimo, poi fece cenno di sì con
la testa.
«Come si chiama questo posto? Pasquino?» chiese Alexander.
«Che problema avete con i nomi? Pasquino, Esquilino, Casilino, Prenestino,
Appio Latino, Ardeatino... Cos’è vi manca la fantasia? Voi italiani dovreste
averne un bel po’...»
«E questa
sarebbe una piazza?» esclamò Elyss.
Tra
ristoranti con i tavoli in strada già aperti per il pranzo delle undici degli
americani, tre strade che si incrociano e i palazzi che torreggiano su di noi
effettivamente ha più l’aspetto...
«Sembra un
banale incrocio...» concluse Alexander.
Il mio
orgoglio romano era stato attaccato su due fronti dall’inglese e dal brasiliano.
Non potevo lasciar correre.
«Un banale
incrocio, eh? Peccato che in questo banale incrocio ci siano Chiesa della
Natività, tardo ‘600, Palazzo Braschi del ‘500 e la statua di Pasquino, che è
un frammento di un gruppo marmoreo che risale al III° secolo dopo Cristo... ah!»
ero tronfio e gonfio come un bel rospo satollo e non contento continuai:
«Proprio dove siamo adesso è stato ucciso l’ultimo Eudaemon greco nella grande
Guerra dei Lari verso la fine del ‘200... questo è un banale incrocio di Roma.
In qualsiasi altra città al mondo ci aprirebbero un museo nazionale dove ci
troviamo adesso.»
Alexander era
arrossito e guardava altrove, gonfiandomi il petto di orgoglio e soddisfazione
che ancora un po’ e scoppiavo. Elyss mi guardava incuriosita, stupita. Fece di
sì con la testa e vidi i suoi zigomi sollevarsi e la bocca aprirsi. Mi stava
davvero sorridendo. Il suo viso sembrava quello di un’altra, quello della
ragazza che avevo scorrazzato per Roma per una settimana, quella con cui avevo
vissuto, quella che ascoltava rapita le storie e le leggende dei vicoli dove la
portavo, quella che avrei voluto...
Come?
Niente...
insomma aveva il sorriso di una persona solare e allegra, una persona che mi
piaceva più della strega saccente e brusca in cui si era trasformata negli
ultimi due giorni.
Comunque durò
pochi secondi, il sorriso svanì e Elyss tornò a parlare rapida e con frasi
secche.
«Come
funziona la statua di Pasquino? Come la facciamo parlare?»
Presi un
lungo respiro e cercai di non pensare troppo al cuore che mi batteva più
rumoroso del solito.
«Bisogna
scrivere un biglietto e attaccarglielo addosso.»
Alexander si
guardò intorno.
«Un biglietto
da attaccare a una statua del... che secolo era? Voglio dire, si può fare?»
«Non
facciamoci vedere troppo, comunque la statua di Pasquino è sempre piena di
pezzi di carta. È una tradizione, guarda.»
Ci
avvicinammo al marmo, schivando un paio di camerieri che ci invitarono a
mangiare da loro, indicando l’ingresso del ristorante per il quale lavoravano.
La statua
aveva ancora attaccati vecchi cartelli satirici sul primo ministro e sulla
politica migratoria.
Elyss prese
dal cappotto un quadernino con una penna infilata dentro e ci scrisse sopra.
Mi si
avvicinò e mi infilò due dita in bocca.
«Ma...»
Mi tirò fuori
la gomma da masticare e la appiccicò al retro del foglio che aveva
scarabocchiato, per poi attaccarlo sulla fronte della statua.
«Potevi
chiederla, te l’avrei data...»
«Quanto ci
mette a rispondere?»
«Dipende da
come gli girano, se gli piace la formula con cui hai fatto la domanda...»
«Alle statue
di Bes bisogna fare le moine, a quest’altro dipende da come gli girano... ma
sono tutte così le questioni magiche dalle vostre parti?» chiese stizzita.
«Non proprio,
no. Comunque che ti lamenti? In Inghilterra gli spiriti sono solo tè delle
cinque e biscottini al burro, my dear?»
«In
Inghilterra abbiamo i draghi.»
«La finite?»
Alexander indicò la statua. «Ci sta guardando.»
Il busto del
guerriero ellenico aveva dischiuso le palpebre di marmo e ci osservava
immobile. Tra gli occhi, appiccicato sulla fronte con la mia gomma da
masticare, c’era il foglio a quadretti scribacchiato da Elyss:
“Nun ce sta gnente da fa’
E sempre a Roma bisogna da torna’
Ma se pe’ sopravvive a’a notte ce vole er gladiatore
Dimmi tu Pasquino bello,
Come famo a pija chi ha liberato er Predatore?”
«Ehi! Ma sai
scrivere pure in dialetto in rima? Comunque sembra che il tuo biglietto gli sia
piaciuto...»
Una folata di
vento ci raggiunse dal vicolo di destra facendo vibrare i fogli attaccati alla
meno peggio sul busto. Le lettere stampate si mischiavano come se fossero
foglie sparse a terra andando a comporre la risposta dell’oracolo: ...
*
Tornammo alla macchina lasciata dietro un vicolo di piazza
Vittorio e ci mettemmo in marcia verso un altro albergo fuori mano, il
Sisterhood Hotel.
Era un posto losco sulla via Salaria, stavolta vista Grande
Raccordo Anulare, dove avevo già dormito una volta, durante un periodo di
appostamento per difendere una ninfa che veniva picchiata dal suo satiro
magnaccia.
Il receptionist all’ingresso ci accolse con un largo sorriso.
«Per quante ore vi servirà la stanza?» ci chiese con un forte
accento dell’Europa dell’est e il tono pratico di chi è abituato a fare la
stessa domanda almeno venti volte al giorno.
«Ne avremmo bisogno per tutta la notte» risposi un po’ in
imbarazzo. L’usuale clientela del Sisterhood era di solito di natura fugace.
Lui osservò Alexander ed Elyss e fece un cenno della testa,
come a dire che capiva che sarebbe stata una notte impegnativa in tre.
Tirò fuori dei moduli da compilare e li appoggiò sul bancone.
«Avrò bisogno dei vostri documenti e che mi compiliate e
firmiate queste carte.»
Stavo ancora ragionando se era una buona mossa lasciare i
nostri documenti quando Elyss si sporse in avanti slacciando il primo bottone
del corpetto e si protese sul bancone con fare ammiccante.
«Ti prego» disse con una voce roca e sottile che non le avevo
mai sentito usare, «avremmo davvero bisogno di moltissima privacy... e
preferirei tanto non compilare quei documenti. Sai, non vorrei che il mio
fidanzato scoprisse che mi sto divertendo un po’. È un tipo molto geloso e mi
tiene praticamente segregata in casa.»
Il ragazzo arrossì e deglutì rumorosamente, mentre i suoi
occhi fecero quello che ogni paio di occhi farebbe in una situazione del
genere: si tuffarono tra le tette di Elyss.
Lei si spinse ancora più in avanti e per un attimo pensai che
il seno le sarebbe uscito fuori dal corpetto. Allungò il dito indice e lo posò
con delicatezza sulla punta del naso del ragazzo.
«Puoi fare questo per me?»
Lui balbettò qualcosa che poteva sembrare un sì, rosso in
faccia come se lo avessero messo dentro una sauna svedese e con una prepotente
secchezza delle fauci.
Elyss gli fece un occhiolino, prese le chiavi della stanza
che lui aveva posato sul bancone senza più fiatare e con aria giuliva lo
salutò. Poi prese la mano di Alexander e la mia e ci condusse verso
l’ascensore.
Quando fummo dentro notammo che il ragazzo si stava sporgendo
oltre il bancone per rubare un’ultima immagine della nostra compagna. Elyss gli
mandò un bacio volante e poi le porte dell’ascensore si chiusero.
Un jazz lounge accompagnò la nostra salita, Alexander e io la
guardavamo senza sapere che dire.
«Beh? Che c’è?» disse mentre si richiudeva il corpetto, «ci
mancava solo che registrasse i nostri documenti. Adesso meno facce da pesci
lessi e torniamo al lavoro, dobbiamo ancora capire come muoverci! Inoltre ho
fame, avranno il servizio in camera?»
Passammo il resto della serata mangiando cibo cinese da
asporto, cercando di ignorare il rumore dei vicini che ci davano dentro e
continuando a discutere su quanto fosse affidabile la divinazione di Elyss.
La camera era dignitosamente pulita, le lenzuola così sottili
da essere quasi trasparenti, la moquette a terra un po’ umida e le finestre
oscurate da tapparelle che non penso fossero state alzate da molti anni.
Comunque, la stanza dava su un muro strutturale del Raccordo e a parte il
rumore dei vicini era abbastanza silenziosa e protetta, proprio quello di cui
avevamo bisogno.
Ciao Ciao,
*Dana*
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