lunedì 22 ottobre 2018

Due interviste & Due letture, Luoghi da sogno & Ambienti romanzeschi

Due interviste & Due letture
Luoghi da sogno & Ambienti romanzeschi


Ciao a tutti e bentornati su Codex Ludus! Rieccoci qui con la nostra rubrica Luoghi da sogno & Ambienti romanzeschi, la sezione del nostro blog in cui parliamo delle ambientazioni dei romanzi pubblicati da Dark Zone o DZ Edizioni se preferite.
Se siete nuovi in questo tipo di post cosa vi dovete aspettare? Semplice! Interviste agli autori dei libri ed estratti dai loro romanzi.
Oggi parleremo de "La Progenie di Abaddon" di Rob Himmel e delle " Cronache del Reame Incantato. Il marchio del Serpente" di Alberto Chieppi. Come sempre quando parliamo con più di un autore, colleghiamo con loro un colore e le iniziali dei loro nomi, il tutto per riconoscere meglio il nostro interlocutore... finita questa premessa ci resta da dire solo una cosa:

«Che l'intervista abbia inizio!»


Dove è ambientato il tuo romanzo? Perché lo hai scelto?

R.H. Il romanzo è ambientato in un mondo fittizio inventato da me, dove la luce del giorno c’è solo per 3-5 ore e il resto è notte. Una cappa di tenebre oscura il cielo per la maggior parte del tempo, facendo proliferare delle creature mostruose (non sono vampiri o similare, nulla a che vedere).

A.C. Le vicende narrate ne Il Marchio del Serpente, primo capitolo de Le Cronache del Reame Incantato, prendono il via dalla periferia milanese. Sam, un ragazzo senza prospettive per il futuro, scopre di essere coinvolto nella lotta fra due fazioni in guerra per salvare un regno magico chiamato Il Reame Incantato. Il giovane, partirà così per un viaggio avventuroso verso Kaleidos, la capitale del regno. Il Reame Incantato è un mondo fantastico in cui vivono le creature dotate di poteri magici, collegato alla Terra da portali caduti sotto il controllo del tiranno Magnus Paladin.
Ho scelto questa ambientazione perché amo i romanzi fantasy in cui le vicende si svolgono in un regno lontano dalle caratteristiche più disparate. Tuttavia, ho deciso di lasciare le vicende ancorate alla nostra realtà e di aggiungere una sottotrama che si sviluppa in un luogo chiamato L’Aldilà, in cui sono state rinchiuse le creature più pericolose e crudeli di sempre.

Da cosa è ispirata l’ambientazione?

R.H. L’ambientazione è ispirata dalla voglia di creare un’atmosfera dark, devastata da un fattore sovrumano che mette in ginocchio l’umanità e la spinge al peggio di sé.


A.C. L’ambientazione non ha un unico riferimento a cui si rifà. Certamente, aver letto le più famose saghe fantasy e averne apprezzato la geografia (vado matto per le cartine all’inizio dei romanzi), ha influenzato il mio gusto e le mie preferenze.

Hai mai pensato di scriverlo in un altro tempo o luogo arrivando a cambiare genere al tuo romanzo? (es. ambientazione fantastica, fantascientifica, immaginaria, in un mondo distopico, in quello attuale, ecc)
R.H. Ho preso in considerazione di scriverlo come urban fantasy o una specie di fantasy distopico nel futuro. Ciò non toglie che un giorno io possa comunque realizzarlo, come eventi futuri a quelli narrati in questo romanzo.

A.C. No. Non ho mai pensato di collocare le vicende de Il Marchio del serpente in un contesto differente.

Riesci ad immaginare la tua storia nel passato?R.H. Si può dire che in un certo senso è già nel passato.

A.C. La storia potrebbe svolgersi nel passato; Sam potrebbe essere un ragazzo che vive con gli zii in una fattoria o che lavora come garzone in una bottega nei pressi di un villaggio medioevale governato dal signorotto di turno richiuso nel suo maniero.

Riesci ad immaginare la tua storia nel futuro?


R.H. Sì, si colloca molto bene in realtà. È una possibilità persino allettante perché subentrerebbe la tecnologia e altri fattori interessanti.

A.C. Credo sia difficile ambientare il romanzo nel futuro.

Tre posti in cui vorresti ambientare i tuoi prossimi libri?

R.H. Uno è sicuramente l’Abruzzo, e sto già provvedendo a elaborare e strutturare la cosa. Gli altri sempre in mondi fittizi creati da me.

A.C. Ho una mezza idea in cantiere per un romanzo ambientato in un futuro postapocalittico.
Qualche tempo fa mi è capitato di immaginare una storia che si svolgesse in un regno infernale.
Infine, mi piacerebbe ambientare una storia fantastica nelle più belle capitali europee.


Rieccoci qui! Dopo l'intervista abbiamo una piccola pausa prima della lettura.
Quale occasione migliore di questa per guardare la copertina del romanzo di Rob?
Posso chiamarti Rob vero?
Tempo di leggere signore e signori!
Primo:

«Casa dolce casa», sussurrò Bhor.
La spelonca si estendeva per circa trenta metri in profondità e altrettanti in larghezza, per poco meno di una decina invece saliva nel punto più alto. Le pareti erano costellate da luccichii grazie a rocce ricche di minerali che ne ricoprivano la superficie come muschio. Rivoli d’acqua dolce scendevano creando una pozza al centro, mentre altri segnavano le pareti con baluginii pittoreschi in giochi di luci che rimbalzavano ovunque. Il terreno era maculato da pietre e spuntoni di roccia, il resto era terra.
Tutte le volte che Bhor vedeva quell’ambiente ne rimaneva affascinato.
Bastava una piccola fonte di luce per creare un gioco di riflessi che illuminava tutto. Nonostante l’acqua, la profondità nel terreno e le crepe sul soffitto naturale, era sufficiente un fuoco per asciugare l’umidità e rendere quello spazio mite e confortevole. Era per lui un mistero, uno dei tanti che riempiva i suoi pensieri durante le giornate monotone, ma adorava quel posto. Era diventato casa sua e non l’avrebbe cambiato per nulla al mondo.

Secondo:

Le strade erano uno scempio: fango e sporcizia si amalgamavano assieme, in alcuni punti arrossati dal sangue di chissà chi. C’era gente che svuotava dalla finestra pitali pieni di piscio e secchi di merda, altra che barcollava ubriaca noncurante dell’essere seminuda. Persone che si azzuffavano per ragioni sconosciute e volavano le coltellate. Altre ancora consumavano violenza sessuale a discapito di malcapitati indifesi. C’erano corpi abbandonati nei vicoli, in putrefazione, chi deceduto per malattie, chi per omicidio.
Che Or ci protegga, pensò Bhor, seppur non credeva in lui.
Non aveva mai visto un caos simile, atti deplorevoli compiuti con tanta semplicità davanti a gente indifferente. Rabbrividì. L’umanità aveva toccato il fondo.
In lontananza, verso il centro della città, spiccavano due edifici: l’arena e la torre. Il resto era un ammasso di legna e pietra accatastate tra loro, dove la bellezza e l’ordine erano stati soppiantati dall’esigenza di dar vita a un numero sproporzionato di abitazioni, simili a baracche ammucchiate, erette su case preesistenti.
Bhor si chiese come facessero a mantenersi in piedi, dato che sembravano sfidare le leggi della gravità. Immaginò che bastasse una sola di quelle case a cedere per innescare un effetto domino, riducendo in macerie un intero quartiere.

Terzo:

Telion studiò l’area circostante vedendo il fiume addentrarsi per Abaddar, mentre sui lati dei costoni lo arginavano. Al di là di questi c’erano edifici accatastati l’uno a ridosso degli altri, in un caotico agglomerato di legno e pietra. A una prima occhiata la città non appariva molto dissimile da Kalua’Tar, ma di fatto, con
un’analisi approfondita, notò che c’erano molte più fiaccole a illuminare le strade, poi dei ponti di legno chiusi univano le abitazioni, creando un secondo percorso sospeso in aria. Emergendo dal fiume e issandosi sulla strada, vide che era deserta. Era composta da lastre di pietra incastrate tra loro a creare percorsi uniformi.
Strizzarono i mantelli e gli abiti, cercando di riscaldarsi anche nei pressi di un falò acceso nel mezzo di un incrocio. Telion notò che ce n’erano altri sempre posizionati al centro delle strade, a distanze quasi regolari.
«Non è ciò che mi sarei aspettata», brontolò Reya strofinandosi le mani vicino alle fiamme.
«Nemmeno io», convenne Telion guardandosi attorno con circospezione. «È tutto strano… com’è possibile che non ci sia nessuno?»
Come in risposta alla domanda, udirono un boato dal centro della città. Poco dopo seguirono delle acclamazioni.
«Cosa percepisci in quella direzione?» chiese la consorella all’Arconte.
«Oscurità… tantissima oscurità.»


Ora invece è il momento di Alberto Chieppi, possiamo leggere alcune parti del suo libro e ammirarne la copertina. Pronti per immergervi nel mondo da lui creato?


1

Giunti al villaggio, procedettero fra una catapecchia e l’altra. Molti goblin cominciarono ad ammassarsi ai lati della strada per vedere da vicino il Grande Spirito che si diceva vivesse con Zuk e sua moglie. Mephisto era infastidito da quelle creature chiassose e maleodoranti che cercavano di toccarlo. Tuttavia, se voleva portare avanti il suo piano e avere una possibilità per lasciare l’Aldilà, avrebbe dovuto fare buon viso a cattivo gioco.
Dietro di loro si era formata una folla di goblin rumorosi. Poco dopo, il gruppo emerse in quella che sembrava una piazza ingombra di rottami e spazzatura puzzolente; un lato era occupato da un edificio più grande degli altri, che svettava traballante sulle baracche circostanti. Due goblin sonnecchiavano appoggiati agli stipiti della porta. Mephisto li guardò con disprezzo; indossavano una ridicola armatura di rottami di legno e metallo, tenuti insieme da logore cinghie di cuoio.

2

Erebo attraversò la piazza e imboccò una via ampia e del tutto deserta. Su di essa si affacciavano botteghe e negozi, fra i quali si snodavano intricati vicoli e stradine buie che portavano verso il cuore dei due quartieri che l’uomo aveva menzionato.
Il gruppetto proseguì, giungendo fino a una seconda piazza, e Sam restò a bocca aperta: l’intero spazio compreso fra gli edifici era occupato da banchetti e bancarelle di quello che doveva essere un caotico mercato; la stragrande maggioranza dei quali erano coperti da teloni multicolori tesi sopra la struttura in legno. Tuttavia, nell’angolo della piazza che si affacciava sul quartiere degli stregoni, c’erano alcuni mercanti intenti a proporre le proprie merci a uno sparuto gruppo di avventori. La luce tremolante di alcune lampade a olio e candele rendeva la scena ancora più sinistra.
«Di giorno il mercato è pieno di gente a ogni ora, ma anche di notte qui si conducono ottimi affari. Vi sono infatti merci che per loro natura possono essere vendute solo dopo il tramonto, come i Canini di Vampiro, che si sbriciolano alla luce del sole, o i Petali della Bella di Notte.»

3

Appena oltre il cancello arrugginito, un sentiero di ghiaia si inoltrava in una foresta di alberi scheletrici e rovi spinosi, così fitta che l’imponente edificio di Sepulchria scomparve alla vista. Una nebbiolina appiccicosa ricopriva il paesaggio, rendendo difficile scorgere poco più che vaghe ombre oltre il raggio di pochi metri.
«Questa è una foresta magica; consente solo agli stregoni di attraversarla e raggiungere Sepulchria», disse Lilith.
Camminarono per alcuni minuti e Sam iniziò a temere che si fossero persi quando, all’improvviso, la nebbia si dissolse, la vegetazione si fece meno fitta e loro si trovarono all’altro capo della foresta.
L’edificio della scuola si ergeva poco lontano. Realizzato in pietra nera, si innalzava nel cielo irto di torri e pinnacoli. Un massiccio portone di legno si apriva su un cortile circondato da basse mura che terminavano in due colonne, sulla superficie delle quali si avvolgevano draghi di pietra; nei loro occhi ardevano due fiammelle.
Una volta che ebbero raggiunto l’ingresso fra le colonne, furono accolti da un uomo e una donna che indossavano lunghe vesti nere con intricate decorazioni dorate.
«Benvenuti a Sepulchria», disse l’uomo in tono asciutto.

4

Imboccarono l’ampia strada che si dirigeva verso sud, in mezzo ai prati che ricoprivano l’altopiano su cui si trovava Kaleidos. La città giaceva sul margine settentrionale, a ridosso della parete di roccia quasi verticale che precipitava verso le pianure sottostanti. A ovest, dopo una serie di basse colline, si innalzavano le inaccessibili vette delle Montagne Ferrose. Poiché le pareti dell’altopiano fornivano un’ulteriore difesa a est, l’unica via di accesso alla città era la strada che si snodava verso sud e che scendeva verso le pianure.
Giunto al margine dell’altopiano, Sam si trovò davanti a uno splendido paesaggio. Il sole ancora basso illuminava con la sua tiepida carezza una vasta e fertile pianura punteggiata di villaggi e piccole cittadine. Campi coltivati a perdita d’occhio, intervallati da prati incolti e piccoli boschi, coloravano la distesa in un mosaico di tessere verdi, gialle e marroni. Una grande foresta a est lambiva la pianura fino all’estremo sud, dove splendeva di mille riflessi dorati il vastissimo specchio di un placido lago.
«Che meraviglia!» disse Sam con un filo di voce.


Cosa ne pensate? Il fantasy è nelle vostre corde? Nel caso in cui lo sia, qui avete due nuovi spunti dai quali cominciare... e nel caso in cui non sia il vostro genere... chissà, forse è persino la vostra occasione per appassionarvi a questo mondo per voi nuovo.
Ora dobbiamo salutarci, quindi, ragazze, ragazzi, ciao e alla prossima!

*Enrico*

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